Un Oscar meritato, anche se previsto, quello assegnato lo scorso 9 Febbraio all’attrice statunitense Renèe Zellweger per il film “Judy” di Rupert Goold, dove interpreta come protagonista la mitica Judy Garland.
Il film narra della vita della Garland nella fase finale, quando oramai, distrutta dall’abuso di psicofarmaci e alcool, non riesce più a fronteggiare le problematiche di una carriera al declino, compromessa da una grande solitudine esistenziale. Il film, grazie ai flashback che rimandano lo spettatore agli episodi più significativi della vita della diva, fa riflettere anche amaramente su quell’epoca, considerata, dai più, “d’oro” per Hollywood, quando i produttori delle grandi Majors e gli agenti controllavano la vita privata delle star, condizionandola anche pesantemente. Non tutti sanno, per esempio, che l’assuefazione agli psicofarmaci di cui la Garland fu vittima aveva le sue radici addirittura dalla lavorazione del “Mago di Oz”, quando la piccola Judy, allora sedicenne, fu obbligata a seguire una drastica dieta, per adeguarsi alla linea estetica richiesta per le “baby attrici”, e costretta a ingerire farmaci che ne tenessero alta la resistenza allo stress.
“Durante la lavorazione del film ci davano degli eccitanti, in modo da farci lavorare per ore. Eravamo sempre drogati sul set”, avrebbe dichiarato anni dopo la Garland in un’intervista. Pasticche per dormire, pasticche per lavorare e resistere alla fame. Una triste consuetudine che accomunava tante attrici di quegli anni: Marilyn Monroe, Veronica Lake, Nathalie Wood, per citarne qualcuna.
Terza figlia, pare non voluta, di una coppia di attori falliti, Judy Garland fu praticamente consegnata dalla madre, anima e corpo, alla macchina per soldi che gestiva l’industria cinematografica. Sorda alle esigenze della figlia, che le aveva anche confidato di aver subito pesanti avances sul set del “Mago di Oz”, non fece nulla per proteggerla. “Era lei la vera strega dell’Ovest”, avrebbe raccontato anni dopo l’attrice. Nel film di Rupert Goold, uscito recentemente nelle sale italiane, la trasformazione della Zellweger in Judy ha dello straordinario. E’ evidente il grande lavoro di preparazione tecnica dell’attrice, che oltre ad aver letto libri biografici e visionato i film della diva, ha studiato canto.
Il trucco, anche questo strepitoso, ha meritato un altro Oscar. Oltre alla indubbia professionalità dell’artista, emerge altro da questa interpretazione: una grande empatia per la vicenda umana di una piccola-grande donna, fragile e in bilico fra grande passione per la scena e sensi di colpa per non aver dedicato abbastanza tempo ai figli, cosciente di quanto la carenza affettiva possa condizionare la vita, una vita che per lei si sarebbe conclusa a soli 47 anni. Il tutto “condito” da quattro matrimoni falliti, uomini che avevano sfruttato il talento della star senza comprenderne l’anima, scelte affettive sbagliate che avevano influito non poco ad accrescere il dolore esistenziale della Garland. Un dolore iniziato tanti anni prima, quando a Judy, predestinata dalla madre a diventare un “enfant prodige”, fu rubata per sempre l’infanzia.
“Judy Garland è fra gli eroi che contribuiscono ad unirci, a poterci definire esseri umani”, ha affermato Renèe Zellweger alla consegna dell’Oscar: “Questo premio è per lei”.
Film assolutamente da non perdere.