Sono trascorsi 50 anni dalla strage di Piazza Fontana, ma soltanto oggi, grazie alle rivelazioni di alcuni pentiti e i risultati delle ricerche storico-analitiche degli esperti incaricati dalle istituzioni, sono emerse verità completamente diverse da quelle che i media avevano raccontato ai contemporanei in quel periodo. Queste verità sono raccontate in questo libro, appassionante come un romanzo di spionaggio: “La strage: il romanzo di Piazza Fontana”, di Vito Bruschini, per le edizioni Newton Compton.
Il libro, costruito con rigore giornalistico seppur romanzato – l’autore si è documentato sulle istruttorie e sulle confessioni dei pentiti – ci restituisce l’atmosfera di un’epoca, rievocando quella che dagli storici è stata definita la madre di tutte le stragi. E’ indubbio che quel tragico episodio della nostra storia avrebbe inaugurato la strategia della tensione, cioè quella serie di attentati e delitti che miravano a destabilizzare la situazione politica italiana, e a prostrare lo stato d’animo della popolazione.
Alle 16,37 del 12 Dicembre 1969, un venerdì pomeriggio, a Milano che in quei giorni era sfavillante di luci e addobbi natalizi, esplode una bomba all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana. La banca era gremita di clienti, perlopiù coltivatori diretti, allevatori, piccoli imprenditori agrari. L’esplosione provoca 17 morti e 80 feriti. Gli italiani ancora non lo immaginavano, ma quell’esplosione avrebbe segnato l’inizio di quelli che furono definiti “gli anni di piombo”. Da quel momento niente sarebbe stato più come prima. Comincia una serie di depistaggi, false verità, imputazioni verso personaggi scomodi, come il ballerino anarchico Valpreda, che sarà in seguito riconosciuto innocente. E’ coinvolto anche l’anarchico Pinelli, che sarebbe morto in circostanze misteriose durante un interrogatorio, si disse per suicidio. Di quella morte sarebbe stato incolpato il commissario Calabresi, futura vittima di un altro attentato. Disperazione e disorientamento, generano nella gente comune un senso di sfiducia nelle istituzioni.
A questo proposito Bruschini cita nel libro le parole del magistrato Guido Salvini: “Piazza Fontana ha avuto l’effetto perverso di inquinare il rapporto di fiducia tra Stato e cittadini, creando un clima di sospetto che dura ancora oggi. Ha cambiato il sentire comune”.
Ai funerali delle vittime della strage, migliaia di persone. Tra queste c’era un giovane studente, Marco Tullio Giordana, futuro regista del film “Il romanzo di una strage”. Un processo senza fine, condito da menzogne e contraddizioni, andato avanti sino al 2005, quando la Corte di Cassazione ha chiuso la vicenda assolvendo gli ultimi imputati coinvolti più o meno direttamente in questa tragica vicenda. Ma la vera tragedia è che a tutt’oggi nessuno può, o vuole, rivelare all’opinione pubblica chi siano stati i veri mandanti.