“In questa vita morire non è difficile. Vivere è più complicato”
(Vladimir Majakovskij)
Si legge come un romanzo, ma non è un romanzo questo coraggioso libro di Susanna Schimperna. Coraggioso perché affronta un tema che nella nostra società è tuttora un tabù: quello del suicidio.
Il libro, non a caso il titolo è “L’Ultima pagina”, raccoglie le storie di scrittori, più o meno noti, che hanno scelto deliberatamente di porre fine alla loro vicenda umana per motivi diversi. Sono venticinque gli scrittori di cui si narra, tra questi troviamo nomi noti come Ernest Hemingway, Vladimir Majakovskij, Sylvia Plath, Cesare Pavese, Emilio Salgari, Antonin Artaud, Marina Cvetaeva, ma anche scrittori meno conosciuti come Antonia Pozzi e il giovanissimo Eros Alesi. Italiani, stranieri, tutti accomunati da un percorso di vita segnato dal dolore, spirituale o fisico, dalla disillusione, dalla mancanza di comprensione e accoglienza da parte del mondo, di un mondo distratto e crudele cui si sente di non appartenere più. Non si può liquidare una scelta tanto drammatica, come spesso è stato fatto, con la scusa di un disagio mentale, anche se in alcuni di questi personaggi, come Sarah Khane o Antonin Artaud, c’era un’evidente nevrosi di fondo. Troppo semplice, troppo superficiale e comunque inutile. “Tra le domande da porsi, c’è quella se dietro al tabù non ci sia il terrore di una libertà assoluta, che proprio in quanto assoluta è incontrollabile. L’individuo che sceglie la morte non può essere fermato, ricattato, assolto o condannato. In un attimo si è sottratto a ogni giudizio e responsabilità”, afferma l’autrice nella prefazione.
Le vicende narrate rimandano a spunti di riflessione, anche filosofici, sull’insensatezza, l’assurdo, il valore precario dell’individuo, nei rapporti personali come nel contesto sociale. Osservatrice attenta, l’autrice diventa testimone-narratrice, senza indulgere a tentativi di spiegazioni o commiserazioni, riuscendo a raccontare l’anima e il vissuto dei protagonisti. Il libro della Schimperna rappresenta un omaggio, un segno di gratitudine per questi artisti, le cui vicende personali sono state spesso volutamente cancellate da una memoria storica, che ha sempre condannato questo gesto, senza tentare minimamente di comprenderlo, occultando l’immagine nella mente per un’ipocrisia imperante nella società occidentale.
Parlare di disagio è difficile, guardare in faccia la sofferenza di chi non si sente compreso è difficile. Per l’altro, quello che soffre, spesso è come sbattere contro un muro di gomma. Disillusione, amara ironia, nell’ultima lettera di Majakovskij ai suoi affetti: “Se muoio non incolpate nessuno. E, per favore, niente pettegolezzi, il defunto non li sopportava. Mamma, sorelle, compagni, perdonatemi. Lilja amami. (…) La barca dell’amore si è spezzata contro il quotidiano. La vita e io siamo pari. Inutile elencare offese, dolori, torti reciproci. Voi che restate siate felici” (Lettera d’addio di Vladimir Majakovskij del 14 Aprile 1930). Rabbia e disperazione nella lettera di Emilio Salgari ai suoi editori: “A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle, mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi miseria, chiedo solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna”. Estrema, paradossale e scandalosa la drammaturga Sarah Khane, nelle parole d’addio che utilizza nella sua ultima opera teatrale Psychosis: “Per favore non tagliatemi tutta per scoprire come sono morta, ve lo dico io come sono morta. Cento di Lofepramina, quarantacinque di Zopiclone, venticinque di Temazepam, e venti di Melleril”.
Senza giudizio, senza toni commiseranti, senza pesantezza, ma con uno stile semplice e attento, e un’accurata documentazione, la scrittrice ci accompagna dentro il mondo di grandi anime, e ci pare di scorgerne i volti, e i luoghi dove hanno vissuto Virginia Woolf, Yukio Mishima, David Foster Wallace, Sándor Márai, luoghi dove entriamo in punta di piedi, con reverenza e curiosità, e al contempo con la certezza di voler leggere o rileggere le loro opere con occhi nuovi.
“Ci vorrebbe un gesto, un evento, un urlo o un abbraccio… a risvegliare da uno stato che somiglia alla trance. Ma come fare se, se nessuno intorno sospetta e il caso si distrae”
L’Ultima pagina
Di Susanna Schimperna
Edizioni Iacobellieditore
198 pagine
18,00 euro
Rileggere le loro opere con nuovi occhi.