Specialista della comunicazione e Web Reputation, Amministratore unico e fondatrice della SIRO Consulting, Simona Petrozzi ha guardato sempre con interesse al mondo digitale, interessandosi dapprima al settore della web intelligence e da qui il passo alla “Personal e Corporate Web Reputation”. Ha operato seguendo progetti di sviluppo in Italia e all’estero, che le hanno permesso di ottenere anche diverse cariche associative, a sostegno e per lo sviluppo della “cultura d’impresa”. Nel 2005 è stata nominata a Roma “Consulente per le attività internazionali” del Capo di Gabinetto del Ministro delle Comunicazioni e nel 2010, nell’ambito del Premio Nazionale per il migliore gruppo “Giovani Imprenditori Confcommercio”, ha ricevuto una “menzione speciale” per l’impegno profuso nelle attività formative mirate alla crescita della cultura d’impresa. Ha esperienza in tematiche legate al mondo dell’imprenditoria giovanile, femminile, internazionalizzazione ed innovazione d’impresa, in particolare nel settore digitale. È autrice di pubblicazioni su temi digitali: Web Reputation, Litigation PR, Uso consapevole del Web e lotta al cyberbullismo.
Abbiamo incontrato Simona Petrozzi in occasione della presentazione del libro “Web Reputation. Crea il tuo successo! Attacchi mediatici: prevenzione e cura”, edito da Armando Curcio Editore, che ha inaugurato la nuova stagione dello spazio del Caffè Letterario di Euroma2. Il dibattito sulle nuove frontiere del web, per comprendere il valore della reputazione online come fenomeno sociale, ha visto coinvolti, oltre Simona Petrozzi, gli altri autori del libro: Caterina Flick, avvocato penalista esperta nel Diritto dell’informatica e dell’informazione, e Raffaele Focaroli, pedagogista e magistrato onorario. A moderare l’evento un ospite d’eccezione: il giornalista, conduttore tv e divulgatore scientifico Alessandro Cecchi Paone.
Cos’è la Web Reputation e perché oggi è così importante?
La Web Reputation è la reputazione online di aziende e privati. Tutti noi appena conosciamo un’azienda o un privato cittadino cerchiamo su Google referenze e informazioni. Il web, quindi, permette agli utenti di accedere in autonomia alle informazioni di cui ha bisogno, siano esse vere o no. Pertanto, se un’informazione pubblicata online è falsa o non aggiornata, questa può comportare grandi danni alla reputazione personale o aziendale. Se una “notizia falsa o non aggiornata” non viene rimossa e non si interviene con gli strumenti giusti, essa può rimanere in eterno sul web. Un commento negativo su un social network, forum, ecc., può distruggere anni di buona reputazione, far saltare affari, imprese e penalizzare il fatturato, distruggere la vita di una persona. Grazie al nostro “know how”, sperimentato negli anni e a un team multidisciplinare, cerchiamo di garantire risultati certi e tangibili. Operiamo nella più completa riservatezza e discrezione che il segreto professionale ci impone. La nostra non è un’attività di “pulizia del web”, ma di ripristino della correttezza dell’informazione. Lavoriamo affinché l’informazione lesiva (che sia un articolo su testata o blog, un commento, un video o una foto sui social network) responsabile del danno reputazionale sui principali motori di ricerca (Google, etc.), venga eliminata definitivamente per salvaguardare la reputazione della persona o dell’azienda.
Come mai hai scelto di addentrarti in questo campo?
Personalmente ho deciso di occuparmi di Web Reputation per un senso di giustizia, di ripristino della correttezza informativa e per una mia “predisposizione genetica” a voler immaginare e vedere le persone intorno a me sempre felici. Empatizzo facilmente con il dolore degli altri e la lesione della reputazione è un avvenimento devastante per l’individuo. Da sempre sento il desiderio di aiutare chi mi circonda e sento che quest’attività mi consente, in qualche modo, di regalare una nuova serenità. Abbiamo assistito a molti processi mediatici che hanno distrutto per sempre la vita della persona. Un caso su tutti, e all’epoca non c’erano neanche i social network ad amplificare l’informazione, è quello di Enzo Tortora. Mi sono sempre occupata di consulenza e comunicazione d’impresa con una grande attenzione per il mondo del digitale. Sono laureata in lingue e letterature straniere con indirizzo informazione-comunicazione e dopo molti anni di studio e di lavoro all’estero, grazie alla padronanza di diverse lingue, ho lavorato anche come analista Osint (Open Source Intelligence) su fonti aperte nazionali e internazionali. L’attività di Osint è la ricerca delle informazioni sul web riguardanti un’azienda o i suoi esponenti, grazie a uno specifico “know how”. Le informazioni che ci restituisce il web su persone e aziende non sempre sono veritiere e aggiornate. Da qui, l’inizio dei miei studi insieme all’amica Caterina Flick, una delle prime avvocate penaliste specializzate in diritto penale, nuove tecnologie e diritto dell’informatica e dell’informazione. Abbiamo quindi deciso di dedicarci insieme alla Web Reputation e Litigation PR, da un punto di vista giuridico lei e da un punto di vista comunicativo e di branding io. Ho studiato su testi per la gran parte inglesi, canadesi e americani, dove questa scienza era consolidata già da diversi anni. Dopo poco tempo è entrato a fare parte del nostro team l’Ingegnere informatico Daniele Muscarella, specialista SEO di alto livello. Lui è l’anima tecnica di SIRO Consulting, che con le preziosissime attività forensi e di studio dell’algoritmo Google completa il nostro lavoro. Il Team di SIRO Consulting è quindi formato da figure professionali multidisciplinari e questa è la nostra forza. L’Avvocata Caterina Flick, pochi mesi fa, ha ricevuto un incarico nella pubblica amministrazione e per questo ha lasciato la nostra società, ma il nostro team di legali si è formato negli anni alla sua scuola. Il dipartimento tecnico è guidato dal mio socio Ing. Daniele Muscarella e io seguo tutta la strategia di comunicazione, gestione della crisi e branding.
Come cambia l’approccio alla Web Reputation in caso di aziende, personaggi famosi e politici?
La nostra prima cliente è stata una donna di successo vittima di un’ingiusta informazione sul web. Ho raccolto il dramma di vedere la sua vita lesa ingiustamente a causa di un articolo falso e pretestuoso, che minava la sua reputazione. Perdere la reputazione è un momento devastante per l’individuo (che sia un personaggio famoso, un politico, un professionista o un privato cittadino) in quanto rende le sue parole e le sue azioni completamente ininfluenti e prive di valore, arrivando a svilire inesorabilmente la proiezione della sua immagine. Questo avveniva già prima dell’avvento di Internet, ma successivamente, con il web, le cose si sono ulteriormente complicate. Da quel momento abbiamo conquistato la fiducia di molti clienti, perché siamo sempre stati chiari in merito a risultati e obiettivi, senza vendere “fumo” o millantare “leggende metropolitane”, che spesso caratterizzano il mondo del web, essendo un mondo non tangibile. Abbiamo clienti del mondo politico, istituzionale, aziende di qualsiasi categoria merceologica, medici, artisti, attori, liberi professionisti. Il tema della reputazione è davvero trasversale rispetto a qualsiasi mondo. Ancor di più rispetto ai singoli, quando si parla di aziende non esiste alcuna “ricetta magica” in ambito reputazionale. Sicuramente l’approccio giusto deve passare per le così dette buone prassi. Prima tra tutte, e sempre premiante, è saper comunicare il “virtuoso fare quotidiano”. Poi, investire in sostenibilità e responsabilità sociale d’impresa, in politiche di genere, in formazione e benessere aziendale per cercare di far diventare l’azienda un best place to work che garantisca un trattamento adeguato ai propri collaboratori e a tutti gli stakeholder.
Come si affronta il danno reputazionale e come si ricostruisce una buona reputazione?
Il danno reputazionale va monitorato e va decisa la strategia migliore soppesando pro e contro. Il conseguimento del risultato con la massima attenzione al cliente si garantisce solo con un lavoro tailored, e con la discrezione e la riservatezza più assolute nelle attività. Nessun intervento è standardizzato, ma sempre personalizzato e concertato con il cliente. L’evolversi della rete internet in web 2.0 – che ha trasformato l’utente da passivo fruitore di contenuti a editor – il diffondersi capillare dei social media, l’immissione massiva in rete degli archivi delle testate giornalistiche – con il riaffiorare in rete di articoli risalenti nel tempo – hanno reso evidente la necessità di un approccio multidisciplinare altamente specializzato, legale e di natura tecnico-informatica, per rispondere alle nuove sfide che si presentano nella tutela dell’immagine e della reputazione digitale e della data protection. In breve tempo, abbiamo soddisfatto un’elevata casistica, acquisendo e affinando una specifica ed efficace professionalità e know-how in tutti gli aspetti della tutela dell’identità digitale e della data protection. Il nostro team ha maturato un expertise tale da consentire loro di affrontare con successo tutti gli aspetti del reputation management, della digital image building e della tutela della reputazione online, tramite un approccio olistico e multidisciplinare.
Quali sono le principali azioni da intraprendere per prevenire un danno di immagine?
Sicuramente è fondamentale monitorare sempre il proprio nome su Google, crearsi una cosiddetta “barriera reputazionale” e un’identità digitale positiva sul web, per prevenire attacchi mediatici e reputazionali. Lo consigliamo a tutte le persone che hanno incarichi pubblici e una professionalità, affinché sul web ci siano notizie positive e reali del soggetto. Chiaramente un’identità digitale positiva è basata su verità oggettive, reali e mai un’identità falsa, autoreferenziale o autocelebrativa.
Quali sono gli errori più comuni da evitare?
Millantare sul web notizie false sul proprio conto è sicuramente uno degli errori più comuni e più insidiosi. Il web ci richiede di essere coerenti e credibili e va affermandosi sempre più una “cultura della referenzialità”. Pensiamo alla “sharing economy”: se metto la mia casa su Airbnb, presentandola come una reggia e invece è una bettola, ben presto la mia reputazione sarà danneggiata dalle recensioni negative che arriveranno dai clienti delusi. Un altro errore comune da evitare è quello di intraprendere azioni legali a tutela della propria reputazione, non affidandole a “mani esperte”. Gli avvocati specializzati in questa materia non sono ancora molti ed essendo una branca del diritto nuova, presenta ogni giorno continue novità. Affidarsi, perciò, a un professionista non specializzato in questo è un rischio che chi deve fronteggiare una crisi reputazionale non può assumersi.
In base alla tua esperienza, le donne sono più soggette, rispetto agli uomini, a subire attacchi alla reputazione?
Le donne subiscono attacchi molto violenti alla reputazione, essendo le destinatarie più frequenti di gravi fenomeni denigratori, quali il body shaming, il cyberstalking e il cyberbullismo. Noi ci occupiamo di reputazione online anche al fine di tutelare i più giovani. Crediamo infatti che il cyberbullismo si combatta instillando nei ragazzi una vera e propria “cultura della reputazione e del dato personale sul web”. Ci chiamano molte mamme e papà la cui figlia ha diffuso foto e video su chat e social network. Purtroppo, ricordando anche il noto caso di Tiziana Cantone, il pericolo è la viralità del web. Se in questi casi non si interviene subito diventa molto difficile arginare la situazione. Non appena ci si accorge di aver diffuso foto e video (in chat o sui social) potenzialmente lesivi della propria reputazione bisogna subito rivolgersi a società specializzate, partendo con le acquisizioni forensi per cristallizzare la prova mediante strumenti di ingegneria forense utili in caso di giudizio.
Stiamo vivendo un periodo storico molto difficile, che ci ha portato ad affrontare nuove sfide e cambiamenti radicali. La pandemia ha influito anche sull’importanza e sulla gestione della reputazione online?
Con la pandemia è arrivata anche quella trasformazione digitale che attendevamo da anni. Qualsiasi attività professionale ha dovuto “piegarsi” in fretta a una nuova declinazione digitale: l’e-commerce per i negozi, gli studi professionali trasferiti sul web e sulle pagine FB, le scuole diventate ormai prevalentemente virtuali, gli alberghi e i ristoranti chiusi ma costretti a mantenere un rapporto con la propria clientela, in attesa del ritorno alla normalità. Chiaramente questo, al di là delle connotazioni positive che ci hanno permesso di lavorare in “smart working” e che hanno portato a una digitalizzazione forzata anche le persone più restie, ha determinato però una maggiore esposizione a rischi e pericoli del web. I più giovani, impossibilitati a causa della pandemia a socializzare nel mondo reale, si sono ritrovati da soli sul web per molte ore al giorno, diventando a volte pericolosi “leoni da tastiera”. È fondamentale quindi insegnare ai nostri ragazzi, con percorsi di educazione digitale, l’uso consapevole del web e anche l’uso positivo delle tecnologie. Su questo tema, sempre con la casa editrice Armando Curcio, abbiamo recentemente pubblicato un romanzo per i più giovani dal titolo “#Emily06. Ragazzi nella rete”. Un testo in forma narrativa che, parlando il linguaggio dei ragazzi, vuole aiutarli a essere consapevoli di rischi, pericoli ma anche potenzialità del web.
Quali sono le principali differenze tra i vari Paesi – mi riferisco principalmente a Italia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Cina – nell’approccio alla Web Reputation?
Gli Stati Uniti e il Canada hanno abbracciato molto prima di noi l’uso del digitale nella risoluzione dei problemi di vita quotidiana e come strumento per dare voce alle opinioni personali. Gli utenti, esprimendo le proprie preferenze ed esercitando la propria capacità di giudizio, sono diventati parte attiva in tutte le diverse piattaforme tecnologiche. Così l’individuo, nel suo ruolo di consumatore, matura una nuova forma di empowerment: diventa co-costruttore del prodotto e del servizio, influenzandolo attraverso la manifestazione dei suoi gusti, delle sue opinioni e delle sue esigenze. Il rapporto fra individuo e azienda, storicamente a favore dell’azienda, si ribalta e si sbilancia, al contrario, verso l’individuo. Non stupisce che questo meccanismo, altamente democratico, prenda le mosse dagli Stati Uniti, una società̀ civile nella quale l’individuo è da sempre abituato a far sentire la propria voce e a esprimersi liberamente, dove il mercato è storicamente aperto e competitivo e che, proprio per questo, presta molta attenzione all’opinione del singolo, inteso come cittadino, consumatore ed elettore. Il mondo aziendale americano (solo più tardi anche quello degli altri Paesi) è stato il primo a rispondere in maniera più trasparente e customer friendly, preoccupandosi della propria reputazione digitale. Analizzando la crescita degli utenti attivi in rete e nelle piattaforme social, questo aspetto diventa ancora più evidente. Se negli USA, poi, viste le grandi distanze e la vastità del territorio, il web costituisce la vera e propria “piazza” in cui scambiare opinioni, giudizi e punti di vista, e la referenzialità di un servizio deve passare necessariamente da lì, in Italia al contrario è ancora molto radicata la scelta di prodotti e servizi in base al passaparola, alla chiacchiera tra amici o tra conoscenti, che consideriamo “esperti” della nicchia a cui siamo interessati. I rapporti umani, insomma, in Italia la fanno ancora da padroni: ecco perché qui da noi la consapevolezza dell’importanza strategica della reputazione online è stata raggiunta con grande ritardo. Ancora diverso è l’approccio cinese alla reputazione che risulta un aspetto quasi totalizzante della vita dei singoli cittadini. Un esempio interessante, ma non facilmente condivisibile, è quello riguardante l’introduzione a partire dal 2015 di un Sistema di credito sociale, ossia un programma di rating volto a classificare la reputazione dei propri cittadini attraverso la raccolta di dati individuali e comportamentali. Sistema, quest’ultimo, che attualmente la Cina utilizza anche per le aziende. L’obiettivo è di indurre la cittadinanza ad agire in modo virtuoso, ma la modalità non è scevra di criticità in ottica di privacy. In questo sistema cinese, come in un videogame, si accumulano o si perdono dei punti, vengono premiati i comportamenti virtuosi e sanzionati quelli negativi in termini reputazionali, imponendo ad esempio il divieto di volo come forma di punizione, o consentendo una connessione Internet limitata o altri provvedimenti similari. Queste misure incidono pesantemente sulle libertà personali e sulla reputazione dell’individuo, poiché il punteggio dei singoli è alla mercé di altri soggetti.
“Web Reputation. Crea il tuo successo! Attacchi mediatici: prevenzione e cura”, il nuovo libro edito da Armando Curcio Editore, di cui sei co-autrice, cos’ha in più rispetto ad altri testi che trattano lo stesso argomento?
È un manuale in cui affrontiamo il tema della reputazione digitale e della Litigation PR da tutti i punti di vista: mediatico, legale, informatico, economico, pedagogico ed educativo. Il frutto di un lavoro multidisciplinare di varie professionalità, con l’obiettivo di trasmettere il valore della reputazione online e offline, tema sempre più attuale negli ultimi anni da un punto di vista sociale, antropologico ed educativo in un mondo digitalizzato e sempre connesso, con l’avvento dei social networks, dell’informatizzazione e dei media online.
L’altro virus, oltre a quello sanitario, è stato il virus mediatico, fatto di fake news e bufale che hanno leso pericolosamente la reputazione delle persone, delle istituzioni, delle attività e della politica.
In questa nuova dimensione, mantenere e costruire una reputazione online è stato vitale. La privacy ha assunto un’importanza come mai prima d’ora.
Ecco allora la necessità di un libro che spieghi il concetto di reputazione, ne colga l’importanza educativa come fonte di investimento, tratti le strategie e gli strumenti per farla crescere e monitorarla, e chiarisca come gestire al meglio le situazioni di crisi mediatiche online.
Hanno collaborato a questo testo, operatori del settore digitale che quotidianamente lavorano nel mondo della reputazione digitale per costruirla, migliorarla, incrementarla. Una specialista della comunicazione e Web Reputation, un avvocato penalista specializzato in diritto dell’informatica e dell’informazione, un ingegnere informatico specialista SEO, una consulente aziendale specializzata nel terzo settore e nella responsabilità sociale di impresa, un pedagogista e magistrato onorario che educa da sempre i ragazzi anche al corretto uso dei media. Tutti affrontano il tema della reputazione dal loro punto di vista, perché la reputazione è trasversale, come un caleidoscopio dove ognuno ha un proprio colore e contribuisce all’effetto finale di fusione delle varie tonalità, pur mantenendo la singola identità.
È un libro attuale e nuovo nell’impostazione, che aiuta a capire il valore della reputazione come fenomeno sempre più incidente, per lo sviluppo delle professioni e delle attività, ma anche dei singoli. La nostra sfida è anche dimostrare come la reputazione incida fortemente sul valore economico di un’azienda. Un libro utile per creare il proprio successo professionale sul web, ma anche per gestire eventuali incidenti mediatici.
Come possiamo difenderci dalle fake news e come distinguere le notizie vere da quelle false?
L’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 ha portato con sé numerose conseguenze e, tra queste, anche l’aumento delle fake news online. Tale fenomeno ha generato disinformazione tra la popolazione, tanto da aver spinto il sito del Ministero della Salute a creare una sezione dedicata proprio alle fake news sul virus, smentendo e rispondendo con informazioni verificate e basate su evidenze scientifiche, normative, documentazioni nazionali e internazionali.
Il caso delle fake news legate all’emergenza sanitaria è il più recente, ma questo fenomeno è sempre esistito. L’espressione “fake news”, in italiano “notizie false/bufale”, fa riferimento alla diffusione di informazioni inventate messe in circolazione per ingannare o far credere idee false e spesso pericolose. Una possibilità che è stata notevolmente esacerbata da Internet e in particolare dall’avvento dei social network. Per questo è sempre più importante prestare attenzione alla fase di verifica delle fonti. Non ci si può accontentare del primo risultato restituito dal web, ma è sempre opportuno fare dei controlli incrociati per verificare l’attendibilità di una notizia. Ad esempio: privilegiare le notizie più recenti e aggiornate, preferire siti ufficiali come quelli di Università, Istituzioni e Organizzazioni non governative, osservare con attenzione i nomi e le url dei siti consultati, per non cadere nell’inganno di grafiche e nomi simili a famose testate giornalistiche, incorrendo così della trappola delle “bufale”. Diffidare dei titoli pieni di punti esclamativi e carattere in maiuscolo, osservare con attenzione le immagini.