È il Pasolini uomo e poeta quello che racconta Dacia Maraini in “Caro Pier Paolo”, edito da Neri Pozza. È l’amico con cui ha condiviso, in compagnia di Alberto Moravia, ideali, viaggi, interessi. Nel centenario dalla nascita dello scrittore, la Maraini gli dedica una sorta di memoir, attraverso lettere aperte, che ci permettono di entrare, in punta di piedi, nella casa che i tre intellettuali, Maraini, Pasolini e Moravia, condividevano a Sabaudia, dove discutevano di capitalismo, borghesia, letteratura, viaggi, cinema, e molto altro. Ricordi incancellabili, che disvelano la nostalgia per un passato che non c’è più.
Nel tuo libro parli di un Pasolini privato, un uomo sensibile e dolce, soprattutto nei rapporti con gli amici. Com’è stato il tuo rapporto con lui, e cos’era Moravia per Pasolini, e viceversa?
Pier Paolo quando scriveva per il pubblico era molto provocatorio e anche aggressivo. In narrativa, e negli articoli, si esprimeva con una sincerità aspra e scomoda. Poteva apparire per questo una persona dura. Quando invece stava con gli amici e con le persone a cui voleva bene, era gentile, dolce e premuroso. Moravia e Pasolini erano molto diversi caratterialmente: Alberto credeva nella ragione e nella storia, era un cartesiano; mentre Pier Paolo credeva nell’istinto, nella comprensione della realtà attraverso i sensi. Non è un caso che, tornando tutti e due da un viaggio in India, Moravia abbia scritto un libro intitolandolo “Un’ idea dell’India”, mentre Pasolini ha intitolato il suo “L’odore dell’India”. Eppure, nella loro diversità, erano amici più che fraterni, si stimavano e rispettavano professionalmente e umanamente, e si volevano un gran bene.
Avete condiviso molti viaggi, c’è qualcosa che ti è rimasto impresso, un episodio o un ricordo, durante qualcuno di questi?
Di episodi ne ho raccontati tanti nel libro “Caro Pier Paolo”. Non saprei quale scegliere, per la verità. Pier Paolo era molto curioso, amava mescolarsi alla gente, capire come viveva quotidianamente. Non aveva il senso del pericolo, una volta si addentrò in un quartiere pericoloso della Casbah di Algeri, io e Alberto eravamo preoccupati per le sue escursioni, ma lui non aveva paura di niente, si avventurava anche da solo evitando le guide, a costo di venire derubato o aggredito.
Com’era il suo rapporto con le donne? Ha avuto grandi amiche, oltre te, Laura Betti, per esempio. E qualcuno afferma che ci fosse un rapporto amoroso, anche se platonico, tra lui e Maria Callas. È così?
Il suo rapporto con le donne era condizionato dal rapporto con sua madre, che era profondo, viscerale e assoluto. Per lui le donne rappresentavano sempre un po’ il fantasma della figura materna e quindi non poteva avere una relazione anche sessuale con loro, perché sarebbe stato per lui come un incesto. Con Laura Betti c’era una grande, profonda amicizia. Certamente quello per la Callas è stato una forma di amore, anche se platonico. Lui ne subiva il fascino ieratico, era l’incarnazione perfetta del mito che voleva rappresentare con Medea. Lei era rimasta colpita dalla sua grande sensibilità e gentilezza. La Callas si confidò con me, cercai di farle capire che non era possibile, ma invano. Si era illusa di poterlo redimere, ma non fu così.
Oltre a essere un intellettuale, scrittore, poeta, regista cinematografico, Pasolini era un acuto osservatore della società del tempo, che criticava aspramente. Nei messaggi che ci ha lasciato attraverso le sue opere, quali sono i principali spunti su cui dovremmo riflettere oggi, secondo te?
La cosa che è più vicina a noi in questi tempi riguarda il rifiuto della cultura di mercato in cui viviamo. La sua idea che, vivendo dentro un mondo fatto a misura di merci da produrre, stiamo diventando merci anche noi esseri umani. Ed è un tema più che mai attuale, e purtroppo è qualcosa che si sta verificando in tanti ambiti.
Oggi soprattutto, in occasione del centenario, si parla tanto di lui. Viene commemorato, riletto, proposto per il cinema e i saggi. Ma in vita fu emarginato da un certo ambiente intellettuale, e anche dal PCI, malgrado si professasse comunista. Perché?
Il mondo in cui è nato e cresciuto Pasolini era ancora legato a una mentalità ottocentesca, una mentalità che considerava l’omosessualità una malattia o una perversione, che guardava con estremo sospetto chi diceva la verità, chi osava criticare la classe dirigente. Pasolini è stato cacciato dal partito comunista per moralismo, cacciato dalla scuola per bigottismo. Era troppo avanti per quei tempi. E tutto questo certamente non ha contribuito a creare un buon rapporto con le istituzioni, che lo hanno sempre attaccato.
Alla luce di tante indagini, il delitto sessuale di cui fu vittima sembra sia una copertura d’altro. Chi lo avrebbe ucciso, e perché?
Magari lo sapessimo! La sua morte è rimasta un mistero, uno dei molti misteri della storia italiana. Il caso è stato chiuso troppo presto con la constatazione della presenza di un reo confesso. Si è dato per scontato che Pelosi dicesse la verità, mentre era chiaro che mentiva. Infatti, ma solo dopo trent’anni, il presunto assassino ha confessato di non essere stato lui a ucciderlo. Allora chi? Potremmo chiederci. La risposta non c’è. Pelosi ha taciuto. Ci sono varie ipotesi, alcune rimandano anche al suo ultimo romanzo “Petrolio”, ispirato al delitto Mattei, ma si tratta comunque di congetture. I motivi potrebbero essere anche legati al fatto che fosse un personaggio scomodo, un intellettuale che esprimeva troppo apertamente il suo dissenso verso una società che riteneva ingiusta e incoerente. Ma il mistero ancora rimane.
Cosa consiglieresti ai giovani che ne volessero approfondire la conoscenza: libri, saggi, film, teatro?
Consiglierei di leggere prima di tutto le poesie, in cui trovano il pensiero, le esperienze, la vicenda umana del poeta. Poi leggerei i due piccoli romanzi pubblicati postumi: “Amado mio” e “Atti impuri”, che raccontano con intensità la sua infanzia e la sua adolescenza. Poi naturalmente il cinema. Tra i film, da non perdere: Accattone, Uccellacci e uccellini, Mamma Roma, e perché no anche Il Fiore delle mille e una notte, di cui abbiamo scritto insieme la sceneggiatura, e che esplode di gioia di vivere. Pasolini è da riscoprire nella sua immensa attualità, che fa riflettere su tutti gli ambiti della vita.