Angelo Longoni, drammaturgo, regista e scrittore, nasce a Milano e s’impone all’attenzione nazionale nel 1989 con il dramma Naja, la cui versione cinematografica esce nel 1997. Tra le sue opere teatrali più note: Uomini senza donne, che porta anche al cinema, Xanax, Vita, Testimoni, Col piede giusto, Boomerang, Modigliani. Tra le serie televisive: Le madri, Caravaggio, Tiberio Mitri. Per il cinema ricordiamo Facciamo fiesta, Non aver paura, Maldamore. Ha pubblicato per Mondadori Naja, Caccia alle mosche, Siamo solo noi e per Iacobelli Vita. Un noto ed eclettico autore, gli rivolgiamo qualche domanda sul suo ultimo libro: “Modigliani Il principe” (Giunti Editore).
Cosa l’ha spinta a scrivere un libro su Modigliani?
La sua vita è stata disordinata come lo è spesso la vita dei giovani. Solitamente poi si attraversano altre età nelle quali il disordine viene sostituito dalla maturità, con certezze del tutto differenti da quelle dell’inizio della vita. Si cresce e si cercano gli stimoli per farlo. Amedeo ha conosciuto solo le incertezze del caos e della gioventù. A volte è necessario perdersi per potersi trovare e per individuare un proprio posto e un proprio equilibrio. Purtroppo, proprio nel momento in cui stava per raggiungere l’equilibrio, la vita di Amedeo si è interrotta a causa della tubercolosi. La sua gioventù è stata attraversata dalle azioni contrastanti di un “se stesso” antagonista che lo ha ostacolato e sabotato a causa dei propri conflitti interiori. In questo comportamento si possono riconoscere, oltre alle intemperanze giovanili, anche le sofferenze della vita di tutti e la dimostrazione di quanto sia tortuoso e difficile il percorso per trovare se stessi. Io stesso mi ci riconosco.
Che rapporti aveva con i grandi artisti suoi contemporanei, per esempio con Pablo Picasso o Jean Cocteau?
Libertà – Bellezza – Verità – Amore: queste erano le parole chiave dei bohémien che preferivano fare la fame piuttosto di tradire se stessi e le proprie idee. Il conflitto tra loro e la società si manifestava con l’istinto alla provocazione, l’atteggiamento asociale, la dissacrazione dei valori precostituiti e del buon senso. La società è una prigione per il bohémien che instaura relazioni interpersonali senza l’ausilio del denaro e mette la bellezza sopra ogni cosa. Durante la Prima Guerra Mondiale nella capitale francese confluiva la luce di tutti gli artisti. Un luogo dove i confini non si costruivano, ma si abbattevano e i pittori, i musicisti, i letterati e i teatranti di ogni nazionalità si trovavano per condividere e non per combattere. Tutti volevano cambiare tutto. Erano così anche Picasso e Cocteau. Il primo però era fortunato, ricco e di successo. Il pittore più in vista a Parigi, l’inventore del cubismo. Il secondo era uno scrittore e animatore della vita culturale, un dandy elegante, raffinato e sagace. Amedeo era attratto da altri personaggi, più marginali, sfortunati e sofferenti. Lui, un ebreo livornese, un borghese colto e delicato, preferiva però l’amicizia di Utrillo, Soutine e Brancusi, artisti particolari e segnati da infanzie dure e complicate. Era amico anche di Gino Severini compagno di studio a Venezia.
Quali sono i suoi prossimi progetti?
Io, come tutti in questo momento, sono impegnato a resistere a questa calamità che è piombata sul nostro mondo occidentale. Ho una famiglia e tre figlie e, tutto quello che di creativo ho in mente di realizzare in futuro, passa attraverso il sogno, il desiderio e la necessità di uscire da questo incubo pandemico. Sono certo che niente sarà più come prima. Anche la nostra capacità di raccontare attraverso il cinema, la letteratura, il teatro. La frase di Amedeo “Il tuo unico dovere è salvare i tuoi sogni” dev’essere trasformata al plurale, noi come comunità e come Paese dobbiamo salvare i sogni nostri e dei nostri figli.