Talento, tenacia, determinazione, passione, coraggio, dedizione e una grande grinta sono le principali doti che contraddistinguono Maritè Salatiello, giovane palermitana, classe 1985, che un giorno ha deciso di fare le valigie, salutare famiglia, amici e certezze per andare oltre oceano, precisamente nella città che non dorme mai: New York. Artista completa, comincia a muovere i primi passi nel mondo dello spettacolo nella sua città natale, Palermo, entrando a far parte della “Compagnia della Danza” e salendo sul palco del teatro al Massimo, per i musical Notre Dame de Paris, Chicago e Moulin Rouge.
Dopo la laurea in Giurisprudenza, partecipa a vari laboratori teatrali, procede poi i suoi studi con un Master Acting Coach sotto l’esperta guida di Gisella Burinato e successivamente Michael Margotta, uno dei più grandi Acting Coach nazionali. Dopo diversi workshop, tra cui uno con Giancarlo Giannini, ed esperienze cinematografiche, entra nella compagnia teatrale siciliana Ulysses, diretta da Monica Cavatoi, che la introduce a una forma di teatro “corporale”, basato più sull’improvvisazione che sul testo. Proprio dalle improvvisazioni nascono spettacoli che vengono portati in scena al Teatro Libero di Palermo.
Una personalità solare, quella di Maritè Salatiello, tipica delle donne del sud, poliedrica e con grandi doti interpretative, pronta a mettersi in gioco seguendo la sua vocazione artistica. Ma conosciamola meglio, in vista del debutto del suo nuovo spettacolo, previsto per settembre a Times Square: “The Way I Am“, ispirato alla vita privata e professionale della leggendaria Barbra Streisand.
Quando è scoccata la scintilla per la recitazione?
La scintilla per la recitazione è scoccata quando, da giovanissima, mi sono innamorata di Gigi Proietti. Poi i miei genitori mi regalarono per Natale il VHS di “Senti chi parla” e “Pretty Woman”, io ne imparai il copione a memoria e non facevo altro che recitarlo a casa da sola!
Con i miei compagni di scuola poi ci divertivamo ad assegnarci dei personaggi, improvvisando scene e situazioni…senza accorgermi allora che anche quella era una forma di recitazione.
Hai studiato e lavorato come ballerina, attrice e modella: quali insegnamenti ti ha lasciato ogni esperienza?
La danza mi ha dato una prima consapevolezza del mio corpo, mi ha insegnato ad ascoltarlo e a liberare sentimenti ed emozioni grazie al movimento. È una lezione che mi sono portata dietro anche per la recitazione e tuttora mi aiuta molto. Connettermi con il mio corpo e con i suoi segnali senza bloccarlo, ma lasciandolo fluire liberamente, è la prima cosa che faccio quando mi trovo ad affrontare la preparazione di qualsiasi ruolo. Normalmente ballo prima di andare a scena e spesso piango, perché muovere il corpo mi permette di entrare in contatto con la mia parte interiore più profonda.
L’esperienza da modella l’ho vissuta sempre con divertimento e gioia, non l’ho mai presa davvero sul serio. Mi piace sia farmi fotografare che tutto il processo creativo, dal make up ai capelli. Anche quella è una forma d’arte.
Cosa ti ha spinto un giorno a decidere di fare le valigie alla volta della Grande Mela?
Sentivo il bisogno di spazio e di solitudine. C’erano troppe distrazioni nella mia vita e New York è un posto dove ci si può isolare bene, in più è perfetto per trovare una connessione con se stessi ed è estremamente artistico, laddove si cercassero nuovi stimoli creativi. Inoltre c’è il Susan Batson Studio: quando ho lasciato l’Italia l’ho fatto perché volevo studiare con Susan.
La tua vita newyorkese è come te l’aspettavi? Com’è vivere nella città che non dorme mai?
Avevo già vissuto a New York in passato, ma facevo una vita molto più “glamour” rispetto a quella che conduco negli ultimi anni. Ho esplorato un lato diverso di New York, che è appunto quello artistico, mi sono dedicata interamente allo studio della recitazione e al lavoro senza sosta, ho conosciuto persone che hanno lasciato un segno nella mia vita e hanno arricchito molto il mio lato artistico. New York è il posto in cui mi sento più me stessa, non poteva deludermi.
Quali sono le differenze più significative tra le scuole di recitazione che hai frequentato in Italia e la scuola che stai frequentando a New York?
In Italia ho avuto la fortuna studiare con grandi professionisti, come Gisella Burinato e Michael Margotta. Nella scuola che frequento a New York, Susan Batson mi ha trasmesso un metodo preciso, tecnico e definito: l’Oscar Winner Method, utilizzato da attrici come Nicole Kidman per il film “The Hours ”, la cui interpretazione è stata premiata con l’Oscar come migliore attrice protagonista.
Il modo in cui è strutturato il metodo Batson ti inserisce in un processo, che può anche essere lungo, in cui esplori molto la tua emotività, ma nello stesso è un metodo chiaro, fatto di esercizi tecnici e specifici da poter applicare in futuro in qualunque sceneggiatura o ruolo assegnato, sia se ti trovi su un palcoscenico o davanti a una telecamera. Non si passa all’esercizio successivo se non si è completato quello precedente. Lo scopo è adottare un metodo preciso o di crearne uno che funzioni per il singolo soggetto. Studiare qui a New York mi ha dato chiarezza su cosa voglia dire passare da essere un’attrice a diventare un’attrice professionista. Proprio su questo sto lavorando con impegno e costanza.
Parlaci di “The Way I Am”. Come mai la scelta di affrontare proprio la vita e la personalità dell’iconica Barbra Streisand? E qual è il messaggio che vuoi trasmettere con questo spettacolo?
“The Way I Am” è un one woman show, quindi un assolo. È una grande sfida per me: trovarmi a raccontare una storia da sola per 60 minuti, senza interazione con nessun altro attore.
Il ruolo di Barbra Streisand è nato da un’idea di Susan Batson. Dopo questo è cominciato il processo di scrittura di un testo teatrale, sempre sotto la supervisione di Susan. Poi, a causa del Coronavirus, questo progetto è stato portato avanti da me, Lil Malinich, regista, attrice e insegnante alla Susan Batson Studio, e una fenomenale scrittrice, Audrey Davenport, che vive a Londra. Su Face Time abbiamo creato lo show. Passavamo ore a cercare la giusta chiave con cui narrare questa storia, che è ispirata alla vita di Barbra Streisand, dando al racconto un taglio che includesse il periodo storico che stiamo attraversando: il coronavirus, la paura che tutti abbiamo vissuto e stiamo vivendo nell’affrontare il presente nella totale incertezza del futuro; c’è anche la ribellione che ho vissuto personalmente qui a New York a favore del movimento “Black Lives Matter”, il bisogno d’amore e di contatto umano che oggi sentiamo così forte. E Barbra è un personaggio simbolo di resilienza, per la sua infanzia difficile, una madre ostile, un padre venuto a mancare quando lei aveva solo 15 mesi, e un padre acquisito che la detestava. La capacità di trasformazione che Barbra ha dimostrato nel corso della sua vita, da ragazzina ineducata di un povero quartiere di Brooklyn a star di Broadway prima, brillante cantante e movie star di Hollywood poi, la fedeltà a se stessa e alla sua religione ebraica e al suo naso che non ha mai cambiato, nonostante Hollywood l’avesse messa più volte in difficoltà con la richiesta di un naso rifatto: tutto questo è la chiave della Commedia, anzi del Comedy Show. L’obiettivo è divertire e al contempo scaldare il cuore.
Barbra Streisand, un’artista versatile, una donna dal temperamento forte e dal fascino senza tempo, raffinata, carismatica e anticonformista, che ha percorso con determinazione la propria strada, forte delle sue convinzioni, senza farsi condizionare dal mondo esterno. C’è qualcosa che ti accomuna a questo personaggio così particolare?
Io e Barbra abbiamo moltissime cose in comune, è un personaggio che amo tantissimo e sento sulla mia pelle. Lei ha lasciato Brooklyn e la sua vita da ragazza di periferia, come io ho lasciato l’Italia con numerosissime incertezze; anche io, come Barbra, cerco di fare tutto il possibile per essere me stessa, senza preoccuparmi di piacere necessariamente agli altri, per quanto sia un percorso in salita fatto a volte di compromessi. Sicuramente la cosa che mi accomuna più a Barbra è la sua costante ricerca della verità, in un’intervista affermava: “io sono ossessionata dalla verità, preferisco conoscerla anche se amara”. Barbra si è fatta promotrice di molte cause, mettendo il cuore in ogni cosa che ha portato avanti. Ed è cosi che vivo e voglio vivere la mia vita, basandomi su due principi fondamentali: verità e giustizia.
Nessun timore nel cimentarti nel ruolo di un mostro sacro?
Io amo tantissimo Barbra Streisand e so che non è possibile riuscire ad assomigliarle. È per questo che “la mia Barbra” è fondamentalmente una parodia di ciò che è Barbra, con molte sfumature di Maritè.
Barbra Streisand rimase affascinata in giovanissima età da Eleonora Duse. Hai anche tu dei modelli a cui ti ispiri o un personaggio in particolare che ti ha indicato la strada che stai seguendo?
Ce ne sono vari, mi piace molto scoprire e studiare il lavoro dei grandi attori. Per adesso sto guardando molti classici e film degli anni 90. Rimango affascinata da interpreti come Jessica Lange, straordinaria in “Frances”, Shirley MacLaine, Glenn Close, Emma Thompson. Ovviamente ammiro tantissimo Meryl Streep e lo stile di Woody Allen, quindi non possono mancare Mia Farrow e Diane Keaton, in cui rivedo il mio lato comico e le mie “psicosi”. Per fare nomi di attrici più giovani, sicuramente Michelle Williams, Cate Blanchett, Kate Winslet, Laura Dern, Juliette Lewis e Renée Zellweger.
Grande fonte di ispirazione è poi il lavoro di molti attori, primo fra tutti, il mio idolo: Al Pacino.
Televisione, cinema e teatro: quali senti più nelle tue corde?
Troppo presto per dirlo. Ovviamente il sogno è il cinema, ma il teatro è un’emozione unica e un’esperienza necessaria per un attore.
In questo spettacolo, oltre ad essere l’interprete, ti sei occupata anche della scrittura. Scrivere, recitare, dirigere: cosa vedi di più nel tuo futuro?
Questa è un’altra lezione che sto imparando negli States: apprendere il mestiere in ogni sua angolazione e in tutte le sfaccettature. Senza la conoscenza del processo creativo e di produzione non si può essere dei veri professionisti. L’attore è l’ultima ruota di un carro enorme, sia che si tratti di produzioni teatrali o di film, ed è molto importante essere consapevoli che tutto parte da un lavoro di collaborazione e l’attore è solo una parte di un grande ingranaggio.
Scrivere è una passione che ho sempre avuto, mi piacerebbe quindi continuare a farlo, mentre preferisco più essere diretta che dirigere. Il mio grande amore rimane sempre però la recitazione. Almeno per ora…
Se potessi scegliere un ruolo da interpretare, quale sarebbe?
Normalmente mi piacciono ruoli estremi o estremamente drammatici. Mi sento comunque anche molto a mio agio nella commedia.
Un regista e un attore, o attrice, con cui vorresti lavorare?
C’è un giovane regista che mi piace molto e con cui vorrei lavorare, si chiama Carlo Mirabella-Davis, ha fatto un film uscito l’anno scorso, “Swallow”, che ho trovato fenomenale. Poi, per fare nomi più celebri, sicuramente Tim Burton, David Fincher, David Lynch e Woody Allen. Tra gli attori Al Pacino, Johnny Depp, Adam Sandler.
Prossimi progetti?
Portare “The Way I Am” in Italia e in Europa. Abbiamo già un teatro che ci aspetta a Roma, il Teatro Ivelise, vicino al Colosseo, e Giles Foreman a Londra.