Il tonno è la conserva ittica più comune nelle dispense degli italiani. Una risorsa comoda, apparentemente senza controindicazioni in termini di scelta e consumo, sufficientemente economica, ma nella realtà non è così. Per quello che riguarda il nostro Mar Mediterraneo sappiamo che le tradizionali tonnare, site soprattutto in Sicilia, da quasi un secolo oramai non vengono più utilizzate, così anche la famigerata cruenta mattanza. Tuttavia le tecniche di pesca moderne non sono meno dannose e invasive, sia per l’ambiente che per pesci e uccelli marini che rimangono involontariamente coinvolti, e non tutte le multinazionali e i vari produttori del tonno praticano una pesca veramente sostenibile. Questo mette a rischio estinzione questa specie, e non parliamo solo del tonno rosso, che merita un capitolo a parte.
Secondo le stime di associazioni come Greenpeace, ancora pochi produttori adottano, nella fase di cattura, tecniche basate sui principi della sostenibilità, e questo avviene anche se, secondo i parametri della “lista rossa” della IUCN, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, ben cinque delle otto specie di tonno oggi commercializzate siano a rischio estinzione, tra queste il tonno rosso e il pinna gialla.
In cima alla lista il tonno rosso: tutte le associazioni ambientaliste denunciano da anni questa grave situazione. Dal 2009 la pesca di questa specie è più che raddoppiata per far fronte alla richiesta di sushi e sashimi, che prevedono l’uso del tonno rosso crudo, soprattutto da parte del Giappone, che ha ottenuto dal nostro Governo il permesso di “saccheggiare” il Mar Mediterraneo, soprattutto in Sicilia, dove questa specie migra per riprodursi.
Di questo passo l’estinzione sarà inevitabile. Lo scorso anno il Principato di Monaco aveva chiesto al CITES, l’organismo che regola il commercio internazionale delle specie in estinzione, di inserire il tonno rosso tra le specie in pericolo, con divieto di pesca totale in qualsiasi periodo dell’anno.
Il Giappone si è opposto, affiancato da altri Paesi membri, e si è optato per una riduzione della pesca, non proprio significativa: dalle 32 mila tonnellate all’anno, alle 29 mila.
Presa coscienza del problema, alcune catene della grande distribuzione hanno fatto una scelta etica coraggiosa, come la Coop, che ha deciso di non venderne più.
Ma cos’è che esattamente deve sapere il consumatore in merito al tonno che troviamo, sempre in abbondanza, negli scaffali di tutti i supermercati, sia in merito al rispetto e conservazione dell’ambiente ittico che per la salute degli umani?
Innanzitutto è bene sapere che la maggior parte della fauna ittica contiene mercurio, e questo vale soprattutto per i pesci di grandi dimensioni. Per i disturbi provocati da un eccessivo consumo di pesce contaminato, esiste un termine scientifico specifico: “fish fog”, che determina stanchezza fisica e altri sintomi da intossicazione. Il tonno, come il pesce spada, è tra i soggetti che accumulano maggiormente mercurio.
La pesca intensiva del tonno impoverisce la fauna circostante: molto spesso nelle reti incappano accidentalmente balene, delfini, tartarughe marine, persino uccelli, che una volta feriti non vengono soccorsi, ma lasciati morire in mare, come testimoniano tra gli altri anche alcuni video girati da Greenpeace.
Nella stragrande maggioranza dei casi il tonno non viene consumato nel posto in cui viene catturato. In genere il pescato viene congelato, trattato, poi venduto in ogni angolo del mondo. A causa di questi passaggi, il consumo del tonno accresce l’impatto ecologico sull’ambiente di questa attività. Se ci rendessimo conto di questo, ragionando con un parametro relativo ai costi, dovremmo pagare non solo per la scatoletta di tonno acquistata, ma anche per l’energia sprecata nel trasporto, per l’inquinamento provocato, per l’impoverimento della fauna marina, etc.
Per quello che riguarda la specie tonno rosso, la pesca è praticata soprattutto al largo di Sicilia, Sardegna, Calabria, Liguria. La maggior parte del tonno consumato a livello mondiale, per esempio il “pinna gialla”, viene pescato molto lontano, prevalentemente nell’Oceano Pacifico, e commercializzato a prezzi concorrenziali dall’Australia e dal Giappone. Anche questo tipo di pesca risulta però dannoso per la specie, in quanto non rispetta i tempi di riproduzione dei pesci, ma viene praticata tutto l’anno, soprattutto con il metodo FAD: Fish Aggregation Device, che prevede l’utilizzo di boe colorate galleggianti e radio-trasmettitori, che attirano anche altre specie, oltre a tartarughe e albatros, che ne rimangono vittime.
In una recente campagna per la tutela degli Oceani, Greenpeace ha dedicato un intero capitolo al tonno, evidenziando come dagli anni 80 in poi questa specie sia diminuita del 90% a causa della pesca intensiva e della richiesta crescente da parte del Giappone. E’ stato anche prodotto un video per sensibilizzare i consumatori, dal titolo “Sai che cosa c’è nella tua scatoletta?“, per stimolare a scelte più consapevoli, indirizzate a marchi che prestano maggiore attenzione a sistemi di pesca realmente sostenibile.
Ultimamente la Marine World Brand, depositaria tra gli altri del marchio Mareblù, terzo marchio sul mercato italiano con Rio Mare, Nostromo e As do Mar, ha iniziato a commercializzare un nuovo tonno in scatola di varietà Skipjack. Si tratta di un tonno striato di piccole dimensioni, non a rischio estinzione. Fatto importante è che questo tonno, utilizzato dal marchio Mareblù, è pescato con la tradizionale pesca a canna, che consente di catturare il pesce senza coinvolgere altre specie, come delfini e tartarughe. Il tonno pescato a canna è sostenibile, e sempre più diffuso negli scaffali della grande distribuzione.
La certificazione “Pescato a canna”, che si affianca alla “Dolphin Safe”, presente su alcuni marchi, come ad esempio As do Mar, è frutto di una nuova politica aziendale che vede, nella tutela del consumatore e dell’ecosistema marino, due cardini essenziali di un impegno etico fondamentale per l’unico futuro possibile.
Purtroppo la pesca industriale del tonno ha spazzato via i processi produttivi artigianali, da cui dipendevano interi paesi che vivevano di pesca; mentre il tonno sulle nostre tavole continua ad aumentare, i piccoli centri produttivi che davano lavoro alle popolazioni locali stanno scomparendo.
Per questo l’impegno dei produttori in termini di comportamenti etico-sostenibili è imprescindibile per limitare questi danni, ma anche il contributo dei consumatori e delle loro scelte, dettate da una consapevolezza derivante da una corretta, chiara e obiettiva informazione.
Per consentire un orientamento possibile nella scelta del tonno, le associazioni di consumatori in Italia hanno stilato una lista di parametri di valutazione che comprendevano: qualità del prodotto, contaminazione da metalli, caratteristiche organolettiche, metodo di pesca, completezza delle informazioni in etichetta. Tra i marchi migliori sono risultati, in ordine di qualità: As do Mar (pesca a canna), Selex (pesca a canna), Callipo, Fratelli Carli, Rio Mare (pesca a canna), Consorcio, Conad, Nostromo, Angelo Parodi. Una nota di attenzione anche per le zone di origine: sconsigliati Oceano Atlantico e Oceano Indiano, consigliato Oceano Pacifico occidentale e centrale.