“La gente ha bisogno di incontrarsi, stare insieme per condividere sogni, speranze, voglia di libertà e di andare avanti. Cose che solo l’arte può ispirare”.
Che sia un gran talento del nostro teatro contemporaneo è innegabile. Maddalena Crippa è una delle nostre attrici più versatili, si è cimentata in ruoli classici e impegnativi, nella drammaturgia contemporanea, persino in recital musicali. Il debutto in teatro, giovanissima, è stato con Strehler. Da allora il percorso artistico l’ha vista diretta sempre da grandi registi, come Luca Ronconi e Peter Stein. Tra gli spettacoli interpretati di recente una appassionata Medea, tante eroine del mondo classico, e Der Park, tragicommedia ispirata a “Sogno di una notte di mezza estate” che Botho Strauss aveva scritto per Peter Stein, sempre diretta dallo stesso Stein.
Hai iniziato giovanissima affiancando grandi registi del nostro teatro, a partire da Strehler. Ti senti una privilegiata per questo?
In qualche modo mi sento estremamente fortunata. L’aver iniziato il cammino professionale d’attrice a soli 17 anni con il più grande regista italiano, significa aver sperimentato sul campo un altissimo livello artistico, dalla cura di ogni settore e dettaglio, al rispetto del testo e dunque dell’autore, alla magistrale direzione degli attori, tale da rappresentare una formazione indelebile e una base solida sulla quale si è sviluppato tutto il mio percorso di attrice.
In un’intervista hai dichiarato di sentirti una “paladina del teatro di parola”, cosa vuol dire?
Quando dico che sono una paladina del teatro di parola, intendo porre l’attenzione sul fatto che il teatro di parola oggi è terribilmente minacciato, per questo va difeso e tramandato. Il teatro è nato in Grecia come teatro di parola, ed è la base fondante della nostra cultura, è la forma espressiva più alta, completa ed articolata, proprio perché solo la parola contiene infinite possibilità di sfumature, e richiede una grande arte per riuscire ad esprimerne tutta la profondità.
In questo periodo storico segnato dall’emergenza pandemica la cultura e in particolare lo spettacolo dal vivo sono stati particolarmente penalizzati. Il teatro di prosa ha trovato qualche soluzione grazie a tecnologie come lo streaming, ed è stato anche proposto in tv. Credi che questi mezzi siano di utilità e che in futuro possano determinare una maggiore diffusione/fruizione degli spettacoli teatrali?
Sinceramente credo che lo streaming sia incompatibile con il teatro. Il teatro richiede la presenza fisica degli artisti e del pubblico, è attraverso questa presenza che si crea un’alchimia unica e irripetibile. Nella maggior parte dei casi la ripresa in video non riesce a restituire il lavoro fatto in presenza. Lo spettatore dal vivo ha una visione unica e completa di quello che avviene sulla scena. Con le riprese si sceglie cosa vedere con i vari stacchi e cambi di camera, per questo andrebbero fatte delle prove apposite, seguite dal regista, tenendo anche conto del fatto che la recitazione per il mezzo televisivo è diversa da quella teatrale. Dunque o si fa una versione filmata apposita in uno studio televisivo, o è meglio lasciar perdere. Non credo che lo streaming possa in alcun modo aiutare il teatro.
Lo stesso vale per chi voglia studiare recitazione: possono essere di utilità i corsi online?
Il teatro ha bisogno della presenza concreta, dei corpi, dello scambio di relazioni, e questo vale anche per chi voglia studiare recitazione o regia. È forse l’ultimo luogo in cui gli esseri umani possono ancora ritrovare e sperimentare la forza del loro pensiero, l’emozione, la condivisione che li lega come esseri sociali.
Nelle scuole di recitazione all’estero, gli attori ricevono formazioni complete di danza, canto, varie tipologie di sport. Trovi carente in questo senso la formazione che i giovani possono ricevere in Italia?
Non conosco bene le scuole di recitazione italiane non avendole frequentate, credo però che oggi in Italia ci siano tutti gli strumenti necessari a una formazione completa.
Ti sei cimentata anche al cinema, in tv, oltre che in teatro. In quali di questi mezzi ti senti più a tuo agio?
Ovviamente il teatro.
Hai un personaggio in particolare che hai amato di più tra quelli interpretati, e uno che invece vorresti interpretare?
Ada Mariglia dell’Annaspo di Raffaele Orlando. Medea, e Focino del Trionfo dell’amore di Marivaux. Mi sarebbe piaciuto fare Santa Giovanna, ma oramai sono troppo vecchia.
Cosa pensi della drammaturgia italiana contemporanea, di cui si lamenta la scarsità di produzione?
Penso che in Italia ci siano ottimi autori, il problema è che non vengono prodotti né divulgati.
Credi che un attore, o comunque un artista, debba essere socialmente impegnato?
L’impegno sociale è importante, ma mi sembra ancora più importante dedicare tutte le proprie energie e impegno a fare bene il mestiere di attore, che oltre al continuo allenamento e affinamento della tecnica, deve saper conoscere, scandagliare, mettere sempre al servizio della sua arte i propri sentimenti, emozioni e pensieri. E questo richiede una continua ricerca per arrivare a una conoscenza profonda della condizione umana.
Se avessi il potere di legiferare, cosa proporresti per migliorare il settore teatrale in Italia, sia per i lavoratori dello spettacolo che per incrementare la fruizione per le nuove generazioni?
I teatri stabili erano stati creati per far lavorare gli attori, anzi sono stati fondati dagli artisti. Ora però di stabile ci sono solo gli impiegati, cresciuti a dismisura. Gli artisti sono stati mano a mano esclusi e privati di potere decisionale. I tempi di permanenza degli spettacoli sono ridotti e la possibilità di incidere su una comunità con un lavoro serio e da sviluppare è quasi nulla. In tutta Italia non c’è una compagnia stabile, la politica ha invaso tutti gli spazi, e i consigli di amministrazione composti da persone che niente hanno a che fare con il teatro, sono spesso di ostacolo agli artisti. La situazione attuale è davvero drammatica.
Hai progetti futuri?
Per quest’anno non ho progetti, forse uno per il 2022. Sono sempre meno i ruoli interessanti per le donne, soprattutto a una certa età. Almeno qui è così, purtroppo.