Fabio Armiliato è uno dei nostri tenori più apprezzati nel mondo. Ha interpretato capolavori dell’Opera italiana nei più prestigiosi siti teatrali europei, è stato insignito di vari premi e riconoscimenti. Tra questi: l’Oscar della lirica, il premio Tito Schipa, il premio internazionale Ombra della Sera di Volterra, il premio Giacomo Puccini alla carriera. Tra il pubblico qualcuno lo ricorderà anche per la curiosa interpretazione del cantante nella doccia nel film “To Rome with love” di Woody Allen. Oltre alla lirica, Armiliato non disdegna di cimentarsi anche in altri generi, come la musica leggera, ultimamente ha realizzato un video musicale con Manuela Villa, e latinoamericana. Lo incontriamo per parlare di arte, in questo periodo di crisi che penalizza fortemente, tra gli altri, il settore dello spettacolo dal vivo.
E’ difficile parlare di arte in questo periodo, eppure potrebbe, secondo lei, aiutarci ad andare avanti malgrado le difficoltà oggettive ?
A proposito di Arte e di Mondo del Teatro: sto leggendo in questo periodo dichiarazioni davvero sconcertanti soprattutto da parte di politici e di chi dovrebbe essere custode e divulgatore della cultura e dell’arte del nostro paese nel mondo. E’ un elemento fondamentale nelle nostre vite, ed è l’espressione più alta dell’essere umano. L’arte è il mezzo per elevarsi e per condividere l’essenza più importante della nostra esistenza, è l’espressione che ci avvicina di più a Dio. Immaginare un mondo senza arte vorrebbe dire voler appiattire il livello di cognizione e di coscienza dell’essere umano. In Italia noi siamo immersi nell’arte da millenni, persino nei periodi più bui della nostra esistenza nel nostro paese abbiamo saputo esaltare il bello, basti pensare al Rinascimento, che pure era un periodo di guerre e malattie. Questo che stiamo vivendo è un momento davvero buio, perché ho l’impressione che si vogliano annientare gradualmente i valori che per tanto tempo abbiamo saputo costruire e difendere: sono valori di identità, di appartenenza, di radici… L’arte ci unisce e ci unirà sempre perché nell’arte c’è quel senso di libertà di espressione, di libertà di creazione, di libertà di pensiero che non può essere per nessuna ragione al mondo messa a tacere, né con bavagli, mascherine o catene. Le conquiste dell’umanità nel nome della libertà sono anche quelle dei capolavori dell’arte. Non dimentichiamocelo mai.
La musica in particolare, è considerata la forma d’arte che colpisce, emoziona, esalta, rende tristi, insomma condiziona lo stato d’animo più….velocemente delle altre. Non c’è bisogno di osservare o riflettere, basta ascoltare. E’ d’accordo?
La musica è la forma d’arte più immediata. E’ qualcosa che arriva nella parte più sottile dell’essere: non occorrono intermediari, non occorrono istruzioni, non occorre a volte neanche una preparazione professionale… La musica arriva al cuore e ogni periodo storico ha avuto la sua musica, i suoi musicisti, i suoi interpreti portando a un’evoluzione del linguaggio e della creatività. La voce umana educata, per esempio, è un veicolo di emozioni straordinarie: nessuna amplificazione o nessuna creazione virtuale può raggiungere la bellezza e la comunicativa della voce umana educata e impostata. Per questo non ci sono periodi storici che tengano: l’educazione e lo studio approfondito del corpo umano è qualcosa che appartiene alla nostra identità; capire come funziona la voce umana è un lavoro incredibile, uno di quei percorsi che possono durare una vita intera e dare anche tutto un senso ad una vita. Educazione a creare il bello attraverso lo studio della voce, come di tutti gli strumenti, è un impegno che abbiamo ereditato dai nostri genitori, dai nostri avi e dobbiamo sentirci responsabili di poter trasmettere questo enorme valore alle generazioni future.
C’è differenza nella fruizione di un prodotto artistico (teatro, concerto, lirica) dal vivo, piuttosto che in forme video, streaming, ecc…?
Faccio solo un piccolo esempio: un bellissimo televisore 4K o ad altissima definizione che ci mostra un bellissimo panorama verde, un bosco, una sorgente… Potrà essere perfetto quanto si vuole, ma non avrà mai il benché minimo confronto con la realtà di trovarsi a passeggiare in un bosco, di vedere e sentire un ruscello, di respirare l’aria e i profumi che vengono da tutto quello che ci circonda. Il teatro pulsa, vive, respira all’unisono con il pubblico e con gli interpreti: niente potrà mai sostituire l’emozione che lo spettacolo in teatro o, più in generale, dal vivo può dare. Lo streaming può essere un ottimo sistema per documentare, per avvicinare le persone che non possono recarsi a teatro ad assistere agli spettacoli e quindi per educare ed avvicinarli a questa forma di spettacolo, ma limitatamente. Quello che si vive attraverso il televisore, il telefonino e il computer è un’emozione totalmente diversa, spesso fredda e distaccata e soprattutto senza nessuna condivisione. È un’emozione virtuale.
A partire dal periodo di chiusura dei teatri, è stato fatto qualcosa per tutelare gli artisti, ma anche le maestranze, in Italia?
Sono state fatte pochissime cose e nessuna ha raggiunto in pratica lo scopo di poter aiutare la categoria dei lavoratori dello spettacolo. Il settore dei musicisti, di tutti coloro che operano nel mondo dello spettacolo, stava già vivendo una crisi molto forte, prima dell’arrivo di questa emergenza, per una assoluta miopia da parte di chi ci governa verso l’attenzione, che in Italia dovrebbe essere assolutamente un dovere, considerando che siamo la culla dell’opera lirica, tanto da essere definiti il paese del bel canto. L’italiano che si parla ancora oggi nel mondo è più dell’80% grazie all’opera lirica. L’opera lirica è un patrimonio incommensurabile oltre che di bellezza e di cultura, anche per il potenziale lavoro. Attorno a un teatro, oltre ai lavoratori dipendenti e alle maestranze e a tutti coloro che lavorano negli uffici, c’è un indotto grandissimo che lievita attorno alla vita di un teatro: la ristorazione, il trasporto, gli stessi musei e le altre attrazioni della città. Il teatro è fonte assoluta di informazione, educazione e dovrebbe nuovamente posizionarsi, nella società futura, come un polo indispensabile per la formazione di cittadini educati e responsabili. Rappresenta poi lo sbocco lavorativo di tutte le scuole musicali e teatrali in Italia: dei conservatori, delle scuole di musica private e pubbliche, delle scuole di scenografia, di danza… come si può pensare un’Italia senza i teatri? Qualcuno lo faccia capire una volta per sempre a chi governa la politica e l’economia del nostro paese.
Rispetto all’estero siamo stati vicini (più o meno) ai lavoratori dello spettacolo o abbiamo da imparare da qualche esempio straniero (Inghilterra, Francia, Germania, altro)?
Negli altri paesi c’è stata sicuramente più vicinanza agli artisti e ai lavoratori dello spettacolo. Ci sono stati aiuti economici molto più concreti e immediati. Anche in questo non siamo riusciti a stare al passo con i paesi di quella che si intende come comunità europea: ognuno purtroppo fa a modo suo, senza una linea comune, come in molte altre situazioni, e noi non riusciamo a uscire da questo guscio di continui condizionamenti e di dipendenza e soprattutto da questa forma di “austerity” indotta che ci fa ascoltare da decenni il mantra che per l’arte, per la cultura e per la salute non ci sono mai i soldi. Il sogno europeo si sta infrangendo contro la mancanza di obiettivi comuni, di regole comuni, di leggi comuni e di un senso di appartenenza che effettivamente non è mai esistito. Molti paesi europei hanno esigenze di vita ed economiche completamente diverse dalle nostre: questo è un argomento che recentemente ho visto analizzare molto bene da molti economisti italiani e internazionali, e che dovrebbe farci aprire gli occhi per una migliore comprensione della convivenza e del rispetto reciproco anche all’interno della comunità europea. Forse, da parte nostra, bisognerebbe solo saper valorizzare tutto il patrimonio artistico, naturale, artigianale e imprenditoriale che abbiamo nel nostro Paese: ma per questo bisogna conoscerlo veramente, essere preparati, e avere una visione.
Ha partecipato, a questo proposito, a qualche evento dimostrativo, e cosa suggerirebbe alle istituzioni che dovrebbero legiferare anche su questi temi in un periodo di crisi epocale come questo ?
Sono molto attivo nel cercare di aiutare la mia categoria, gli artisti, i giovani talenti e tutti coloro che operano nel settore dello spettacolo dal vivo: personalmente ho vissuto un momento veramente straordinario all’inizio della mia carriera con moltissime opportunità di lavoro e di sviluppo delle mie potenzialità. Oggi i giovani fanno fatica ad imporsi in questo momento particolare, si sentono messi da parte o addirittura costretti a cambiare lavoro. Le Fondazioni Liriche hanno fatto decisamente il loro tempo perché non ha mai funzionato il sistema di defiscalizzazione dei contributi privati ai teatri, che sono entrati in una crisi ormai irreversibile, sia economica che di identità. Il distacco che si è creato tra teatro e cittadini (e quindi con il pubblico) è il risultato più grave di questa crisi: quando il teatro non è più il centro attivo, educativo, formativo, oltre che di tutela, custodia del patrimonio artistico e della divulgazione dello stesso, i cittadini lo vedono e lo sentono lontano da loro, e quando non c’è più senso di appartenenza si perde l’identità. Quindi: l’utilità sociale dell’istituzione teatrale è quella di essere un teatro vivo, pulsante e centro della vita dei cittadini stessi: questo deve essere l’obiettivo, soprattutto in un paese come l’Italia, per il rilancio sia della sua attività teatrale, ma anche per una nuova presa di coscienza del senso civico dei cittadini che vedono nell’istituzione teatrale il polo d’interesse per l’educazione delle nuove generazioni e per l’incremento di tutte quelle attività lavorative, che da questo prendono spunto e linfa vitale. Il teatro, in un paese come l’Italia, deve riprendere il suo ruolo di struttura indispensabile proprio per tutti questi motivi, in nome e in ragione di quanto è scritto nella nostra Costituzione, nel rispetto dell’articolo 9.
Secondo la sua esperienza, la lirica attrae anche le nuove generazioni o viene percepita dai più come un lusso per ricchi e colti borghesi?
La lirica è sempre stata molto popolare e l’identificazione con l’opera lirica come un elemento appartenente solo a una classe borghese è soltanto riferibile agli anni forse del ’68, con quella rivoluzione culturale che ha portato a manifestare contro il pubblico, soprattutto delle prime al Teatro alla Scala di Milano. I giovani amano l’opera lirica e sono sempre più incuriositi da questo mondo che mette in scena capolavori musicali che spesso incarnano “valori universali” e che sono eseguiti dal vivo e soprattutto cantati dal vivo… tutto il mondo virtuale con il quale abbiamo oggi a che fare si scontra con la realtà dell’essere umano che cerca la verità nelle manifestazioni più semplici e nelle emozioni più vere. Un compito importantissimo e una grandissima responsabilità in questo senso lo hanno i media, i giornali e soprattutto la televisione, che avrebbero il compito di spingere i giovani a interessarsi della nostra cultura e delle nostre radici artistiche e che purtroppo molto spesso non lo fanno: io spero in una presa di coscienza, proprio in questo momento di grande difficoltà di chi gestisce e indirizza i media verso argomenti e temi importanti e qualificanti della nostra società, a parlare sempre più di cultura, di tradizioni, e spingere i giovani a interessarsi di tutti quegli aspetti che possono far nascere in loro la passione che porta a farti sognare e che poi, con il giusto approfondimento educativo, possa un giorno trasformarsi in professione.
Ha un autore preferito nel suo repertorio?
Nella mia lunga carriera ho interpretato perlopiù opere di compositori italiani e soprattutto del grande repertorio verdiano e pucciniano. Ritengo Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini gli autori di riferimento per il mondo dell’opera e soprattutto per il mio rapporto con la lirica. Verdi ha dato vita al nostro Risorgimento e le sue musiche sono diventate la colonna sonora dell’unità d’Italia. Puccini ha creato un linguaggio musicale di grande teatralità nelle sue opere, che poi è sbocciato nelle colonne sonore della musica da film e che ha contribuito anche alla nascita di generi musicali come il musical. La popolarità delle sue melodie è stata sicuramente lo spunto per la nascita di generi come il pop e il crossover… basti pensare alla popolarità che ha riscosso la romanza: “Nessun Dorma” dalla Turandot, conosciuta dai più col titolo di… “VINCERÒ”! E mi auguro che questa possa essere un augurio anche oggi per superare questo triste periodo epocale.