“Odiavo essere qualcosa che in realtà non ero. Non ho mai voluto essere una stella, non l’ho mai preso sul serio” (Veronica Lake / autobiografia).
Constance Frances Marie Ockelman nasce a New York il 14 Novembre del 1922. A soli dieci anni rimane orfana di padre, e la madre si risposa subito. Questi sono gli anni in cui la piccola inizia a manifestare i sintomi di una forma di schizofrenia che l’avrebbe sempre accompagnata. Tuttavia gli anni dell’infanzia, trascorsi nella cittadina lacustre di Saranac Lake, poco distante da New York, sono apparentemente tranquilli e felici, tanto che l’attrice deciderà di tornarci negli ultimi anni della sua vita. Dopo gli studi d’obbligo in California, i genitori la iscrivono alla prestigiosa scuola di recitazione Bliss Hayden School di Hollywood, nel tentativo di curare, attraverso la recitazione, la fragilità psichica e la timidezza di Constance. Dopo il diploma conseguito brillantemente arrivano i provini. La ragazza mostra subito di avere un talento naturale, oltre a essere molto bella, e questo le procura facilmente le prime scritture cinematografiche, anche se in ruoli marginali. Grazie a uno di questi film viene notata dal regista John Farrow, che la presenta ad Arthur Homblow, potente produttore della Paramount, che la scrittura per il film: “The wrong room” di Lou Brock, “All women have secrets” di Kurt Neumann, e “Dancing Co-Ed” di Sylvan Simon, dove appare con il nome del patrigno, Keane. E’ del 1941 la prima interpretazione con il nome d’arte Veronica Lake, per il film “I cavalieri del cielo”, prodotto dalla Paramount per la regia di Mitchell Leisen. In questo film l’attrice viene lanciata con l’inconfondibile taglio di capelli che l’avrebbe resa famosa come icona di “femme fatale”: un’onda bionda che le copriva la metà del viso, forse per nascondere sapientemente una forma di strabismo. Il look denominato “peekaboo bang”, fu copiato da generazioni di giovani americane.
Ben presto venne vietato in diversi contesti lavorativi, soprattutto alle operaie addette ai macchinari nelle fabbriche, dato che avrebbe potuto causare incidenti. In questo periodo il suo primo matrimonio, con lo scenografo John Detlie. La coppia avrà due figli, ma uno sarebbe morto dopo una sola settimana di vita. La carriera prosegue comunque con successo. Nel settembre del 1941 dopo “I cavalieri del cielo” è la volta de “I dimenticati” di Preston Sturges. Nelle successive produzioni cinematografiche l’attrice avrebbe fatto coppia con Alan Ladd, si dice anche per via della reciproca bassa statura. La Lake infatti era alta solo un metro e cinquanta, anche se gli abili stilisti di Hollywood riuscivano a farla sembrare alta con abiti appositamente studiati per lei. Con Alan Ladd avrebbe interpretato dei noir di grande successo: “Il fuorilegge”, “Una pistola in vendita”, tratto da un romanzo di Graham Greene, “La chiave di vetro” dal racconto di Dashiell Hammett, e “La dalia azzurra” dal giallo di Raymond Chandler.
Questi film la consacrarono come “dark lady” d’eccellenza di Hollywood. Nel 1944 divorzia per sposare il regista André De Toth, cui avrebbe dato due figli. Il rapporto con De Toth si rivela deleterio per la sua fragilità mentale. Lui in privato è violento e narcisista, padre padrone con i figli e manipolatore con la moglie: la isola dalle amicizie e le impedisce persino di vedere lo psichiatra che l’ha in cura. E’ un rapporto che avrebbe favorito il declino sia artistico che fisico e psicologico di Veronica. De Toth l’avrebbe diretta in una serie di film di terz’ordine. La sensazione di essere inadeguata, lo stress emotivo provocato da quel matrimonio sbagliato, oltre ai problemi legati alla sua malattia, gettano l’attrice in una spirale di psicofarmaci e alcool. Questo la rende nervosa, irascibile e inaffidabile sui set. Non riesce a essere puntuale, se la prende con le maestranze, litiga con i compagni di lavoro. Anche Alan Ladd, con cui aveva formato una coppia di successo, decide di non lavorare più con lei. Nel 1948 la Paramount annulla il suo contratto, e questo le fa “terra bruciata” attorno. Non avrà più amici in quell’ambiente. La macchina da soldi hollywoodiana la getta via come un giocattolo rotto. Dal 1952 sarà contattata solo per ruoli marginali in programmi tv di poco conto.
Dopo il divorzio da De Toth, nel 1959 sposa il compositore Joseph A. McCarthy, ma i due divorziano quasi subito. Malata e con problemi economici, perseguitata dal fisco e persino dalla madre che rivendica aiuti economici, Veronica finisce per fare la barista in un locale di New York. Qui viene riconosciuta per caso da un giornalista, proprio come era successo a Frances Farmer, e questo le offre la possibilità di ritentare la carriera artistica. Nel 1966 avrebbe girato il suo penultimo film: “Footsteps in the snow”. Nel frattempo riesce a scrivere la sua autobiografia, in cui racconta senza filtri della sua malattia, dell’alcool, dei suoi amori sbagliati. Negli ultimi anni della sua vita viene sfruttata senza pietà, per la sua fragilità e ingenuità, da produttori e cineasti che la convincono a investire personalmente su film di scarso livello, come “Flesh Feast”, dove interpreta l’improbabile scienziata che tenta di clonare Hitler in laboratorio. In cerca di un po’ di pace, nel 1970 va a vivere in Inghilterra: qui si sposa con un pescatore. In Inghilterra riesce ad avere qualche ingaggio teatrale. Ma la nostalgia del suo ambiente la fa tornare in America nel 1973. Stanca, provata fisicamente e psicologicamente, è oramai un’ex bellissima, ombra di se stessa. Torna a vivere nel natio villaggio di Saranac Lake, dove aveva forse vissuto gli unici veri momenti di felicità, durante l’infanzia. Nella sua autobiografia aveva scritto: “Non ho mai voluto essere una stella, non l’ho mai preso sul serio. Odiavo essere qualcosa che in realtà non ero. Se fossi rimasta a Hollywood sarei finita come molti miei colleghi attori, morta e sepolta. Quella città maledetta li ha uccisi, e so che ucciderà anche me”. Sarebbe morta poco dopo di epatite, dovuta all’abuso di alcool, nel luglio del 1973, in un ospedale del Vermont. Sola, abbandonata da tutti. Aveva 53 anni, anche se ne dimostrava molti di più. Ma non ebbe pace neppure dopo la fine: le sue ceneri furono trafugate e vendute, non si sa da chi e per quale motivo, e ritrovate per caso in un negozio d’antiquariato di New York. Qualcuno aveva pensato bene di sfruttarla anche dopo morta. “Era la persona più bella mai arrivata a Hollywood”, avrebbe detto Bette Davis.