Ironica, scanzonata, realista ma paradossale, così potrebbe essere definita l’ultima fatica letteraria di Enrica Tesio, scrittrice brillante e insolita del nostro panorama letterario contemporaneo. Il libro, “Tutta la stanchezza del mondo” edito da Bompiani, chiaramente autobiografico, è incentrato sulla narrazione di tutte le fatiche che ci si ritrova ad affrontare nel quotidiano, sia nella vita privata che nel sociale, imposte dai ritmi non sempre gestibili dalla nostra volontà, da obblighi veri o presunti, impegni professionali, familiari, persino culturali. Le donne ne risultano condizionate per prime, anche per una cultura che da secoli pretende da loro performance… multitasking. Ma anche gli uomini subiscono la loro parte. Blogger e scrittrice, Enrica Tesio ha pubblicato nel 2015 per Mondadori “La verità vi spiego sull’amore”, da cui è stato tratto un film. Nel 2017 “Dodici ricordi e un segreto” per Bompiani, nel 2019 “Filastorta d’amore. Rime fragili per donne resilienti” edito da Giunti, da cui è stato tratto uno spettacolo teatrale.
Viviamo in un’epoca caratterizzata dallo stress, che si manifesta con una stanchezza psicofisica che si riflette in ogni ambito della nostra vita. Quanto modifica i nostri comportamenti questo stato, nei rapporti privati e in quelli sociali?
Io la vedrei più come un circolo vizioso, non è solo la stanchezza che modifica i nostri comportamenti, i rapporti e la società, ma le abitudini sociali che ci rendono stanchi. E per stanchezza intendo quella palude, quella della coazione a ripetere che non trova pace e non si sfoga in un vero riposo. Certamente il nostro modo di intendere il lavoro, con questa rincorsa a una realizzazione “alta”, creativa, questa tensione al successo non aiuta, è come se non avessimo più la dimensione dell’abbastanza. L’altro non è mai abbastanza, noi non facciamo mai abbastanza.
I ritmi frenetici che ci travolgono, che parte hanno in questo, e quanto ci impediscono di vivere… veramente ?
Più che i ritmi frenetici è l’incapacità di staccare a travolgerci, l’assenza di alternanza tra riposo e lavoro per esempio, io mando mail di sera, mi porto il computer a letto. Non è salutare, soprattutto per la mente, questa sovrapposizione di piani, noi ci distraiamo, non ci riposiamo davvero.
Potremmo uscirne fuori rallentandoli? Magari pretendendo meno “performance” forzate per non essere giudicati “fuori dal giro”?
Non ho una soluzione, ma credo che recuperare la dimensione della contemplazione sia importante. Fermarsi e guardare. Dopo la pandemia ho visto un orizzonte ampio per ricominciare a dare respiro ai pensieri. E poi ci si può fermare un giro e riprendere quello dopo.
Le donne soffrono più degli uomini la stanchezza, anche per il sovraccarico di responsabilità che si richiede loro (in termini di lavoro dentro e fuori casa per esempio, ma anche nel dover mantenere una certa immagine estetica)?
Non credo che le donne abbiano il copyright della stanchezza, anche gli uomini hanno carichi importanti, ma certamente questo è un momento in cui le donne ne parlano, fanno sentire la loro voce, trasformano la stanchezza in parole ed è un bene.
Stancarsi può essere considerato un diritto, o un atteggiamento lecito? Anche Dio si è riposato al settimo giorno dalla creazione.
Dio il settimo giorno non si riposò perché era stanco, ma perché voleva contemplare quello che aveva creato. Io non sono religiosa, ma mi pare un gran bel messaggio.
Anche l’amore stanca?
L’amore che non funziona è l’attività più stancante che conosca.
E la scrittura, anche questa stanca, o rappresenta un riappropriarsi, per uno scrittore, di una “confort zone” che dia sollievo?
Per me scrivere è aprire una finestra in una stanza dove c’è aria viziata, scrivere mi ricambia i pensieri.
Ha mai pensato, in un momento di maggior stress, di voler fuggire per rifugiarsi in un’isola deserta (o comunque nella natura), senza telefono, computer, social… e cosa avrebbe portato con sé?
Non sono una che scappa, poi la pandemia ci ha tolto anche le vie di fuga mentali, il famoso chioschetto sulla spiaggia probabilmente col Covid era chiuso pure lui. Sono diventata brava a staccare, fuggire rimanendo dove sto. Io dovrei portarmi dietro tutti, figli, amori, amici, sarebbe un viaggetto troppo costoso.
Qual è stato il libro che le ha rovinato la vita?
Ne parlavo con Daria Bignardi in un’intervista telefonica, lei ha scritto dei libri, ma a me hanno rovinato più i film, tra tutti direi “Jules e Jim” di Truffaut.