La sua voce è stata definita duttile e splendente, anche se con qualche aspra opacità, secondo alcuni critici musicali. Certo, il suo modo di cantare, o meglio di interpretare, come avrebbe confermato Luchino Visconti, ha condizionato la lirica del ‘900. Pur essendo stata una grande soprano, è comunque difficile “catalogare” Maria Callas come cantante: ieratica e tragica icona di bellezza oltre le mode. Appartiene al mito. Ma per comprenderne la grandezza e il fascino, è imprescindibile approfondire la storia di una esistenza ferita sin dalla prima infanzia. “In lei c’era un dolore antico – ha raccontato la sua amica del cuore, Giovanna Lomazzi, in un’intervista – originato dal difficile rapporto con la madre. Odiava parlare della sua infanzia, ma una volta che eravamo sole a Londra, dove l’avevo accompagnata, mi disse: “Guarda – mostrandomi una cicatrice sulla gamba – questo è quanto mi ha lasciato addosso una sedia che mi ha lanciato mia madre”. In effetti, sin dalla prima infanzia la madre le aveva sempre preferito la sorella Jackie (beffarda ironia del destino, lo stesso nome della donna che le avrebbe portato via Onassis), a cui dedicava attenzioni e le poche risorse economiche della famiglia: l’aveva anche iscritta a una scuola di canto, sebbene non dimostrasse di avere le doti innate della sorella. I genitori di Maria divorziarono, il padre rimase a vivere in America dove erano emigrati, la madre tornò ad Atene e le figlie la seguirono. Tuttavia Maria rimase molto legata al padre, e cercò di mantenere la cittadinanza americana per poterlo raggiungere appena possibile. In Grecia, con grandi sacrifici, studiò canto. Partecipò a vari provini, per poter coronare il suo sogno. All’improvviso, quasi inaspettata, la svolta: fu contattata per partecipare alla Gioconda di Ponchielli, in Italia, all’Arena di Verona, da sempre una delle location più prestigiose per la lirica in Europa. Lì avrebbe conosciuto un gentiluomo vecchio stampo, appassionato d’opera, che sarebbe diventato il suo Pigmalione: l’imprenditore veneto Giovanni Battista Meneghini. L’imprenditore, da vero intenditore, fu folgorato dall’esibizione di Maria, dalla voce e dalla presenza scenica. Decise subito di dedicarsi anima e corpo alla valorizzazione di quel “diamante grezzo”. Per dedicarsi a lei a tempo pieno, lasciò persino la sua attività, attirandosi le ire della famiglia. Divenne il suo agente, e in seguito suo marito. Maria allora era una giovane grassoccia, inelegante, goffa. Lui le insegnò a vestirsi con eleganza, l’aiutò a dimagrire, ad affinare la cultura, a non sfigurare durante i ricevimenti. Colpita da tanta dedizione, fu proprio Maria ad insistere perché si sposassero. Quasi trent’anni la differenza d’età. Lo fecero di nascosto dalla famiglia di lui, per non subirne le ritorsioni. Negli anni vissuti insieme, Maria studiò con i migliori maestri ingaggiati dal marito, divenne una signora raffinata ed elegante, e Meneghini come agente le procurò ingaggi prestigiosi.
Conobbe Arturo Toscanini, fu diretta da Luchino Visconti, duettò con i tenori più famosi, ma la cosa più importante è che il suo modo di interpretare le opere divenne un riferimento portante per le generazioni future del bel canto. Da brutto anatroccolo, scacciato dalla madre, si era trasformata in una diva internazionale. Clamoroso il successo che ebbe ne “I vespri siciliani” alla Scala di Milano nel 1951. Leonard Bernstein disse di lei: “Penso che le generazioni future di cantanti, di amatori dell’opera, e di tutti coloro che la frequentano, avranno sempre Maria Callas come modello…una volta sentita, è difficile accettare altri cantanti, perché nessuna come lei vive ogni ruolo che canta”. E a ulteriore conferma dell’innovazione performativa che la Callas aveva portato nella lirica, la collega Renata Scotto avrebbe affermato: “Maria Callas ha ripulito le vecchie tradizioni e ha cominciato a dire al pubblico che l’opera vuol dire ben più del solo canto”. E un’altra grande collega, Montserrat Caballé : “Maria è stata l’unica vera cantante dei nostri giorni, dobbiamo dirle grazie per averci dato l’opportunità di sentire la vera vita della musica”. E Luchino Visconti, che la diresse in una memorabile Traviata, affermava: “Credo che nessuno potrebbe manovrare una Callas senza concedere al suo motore una possibilità di giri maggiore di quella che ci si possa aspettare, in perfetta autonomia”.
Sulla scena era una forza della natura: come se fosse quella la sua vera vita, e probabilmente era così. Malgrado tanti attestati di stima, l’ammirazione di colleghi, musicisti di fama mondiale, registi, Maria era una persona fragile in privato, in contrasto per quanto era imperiosa e potente sulla scena. In un’intervista, dopo l’interpretazione di Medea, personaggio che l’avrebbe vista recitare nel film di Pierpaolo Pasolini, disse: “Medea è forte, Maria non lo è”. Gli anni Cinquanta la videro spesso alla ribalta, contesa dai salotti, nei ricevimenti organizzati dopo le varie première. Era una presenza elegante, accompagnata con discrezione da un marito adorante e attento. In quel periodo Elsa Maxwell, giornalista di origine statunitense e esperta in eventi, organizzò al Danieli di Venezia una serata in suo onore. Era il 1957. Lì avrebbe conosciuto l’armatore greco Aristotele Onassis. Per Maria fu un colpo di fulmine. I due si isolarono dal contesto degli altri invitati, parlando tra di loro in greco per tutta la serata. Due anni dopo Onassis invitò Maria e il marito a bordo del famoso Yacht Christina, che aveva visto ospiti i più bei nomi del jet set dell’epoca, oltre a vari Capi di Stato. Fu l’inizio della fine del matrimonio della Callas. L’ingenuo Giovanni Battista Meneghini, che trascorreva quasi tutto il tempo in cabina perché soffriva di mal di mare, non si era accorto di nulla. Una sera la giovane moglie di Onassis, Athina Livanos, entrò nella sua cabina e lo apostrofò bruscamente: “Siamo due disgraziati Gian Battista, renditi conto. La tua Maria è di là nel salone tra le braccia di mio marito. Te l’ha portata via. Povero Battista, e povera Maria: si accorgerà che uomo è!”. Amare e preveggenti parole. Meneghini, pur con il cuore a pezzi, lasciò andare Maria. Da quel momento furono anni di passione, lusso sfrenato, sregolatezze. Uno stile di vita che avrebbe contribuito a minare la salute fisica e mentale della Callas, compromettendone per sempre la voce. Per seguire l’inafferrabile armatore, Maria aveva cominciato a dire di no a concerti e tournée, attirandosi le critiche degli addetti ai lavori. Onassis, tra l’altro, non amava la lirica, e non era mai presente per le esibizioni di lei. Maria aveva 35 anni, lui 55.
Rimase incinta in quel periodo. Onassis avrebbe voluto farla abortire, ma lei volle tenere il bambino, che avrebbe voluto chiamare Omero. Il piccolo nacque di 7 mesi dopo un parto difficile, e morì poco dopo. Fu sepolto alla periferia di Milano, lontano da occhi indiscreti. La diva per 17 anni sarebbe andata a trovarlo, nel piccolo cimitero. Chissà cosa aveva cercato Maria in quell’uomo duro e incolto, che certo non la faceva sentire importante come l’ex marito, e l’aveva allontanata dalla sua più grande ragione di vita, mortificandone il talento universalmente conosciuto. Ne era comunque innamorata. Dopo la morte del piccolo Omero, tanto desiderato, continuava a sperare in un matrimonio, alla possibilità di una vita insieme. Fu dai giornali che apprese la notizia del matrimonio improvviso di Aristotele con Jacqueline Kennedy. Travolta dalla disperazione e dall’umiliazione, Maria aveva perso tutto: l’identità, i riferimenti, l’amore….la voce. Confusa, depressa, non aveva più motivi per vivere. Ma all’improvviso qualcuno le gettò un salvagente: un intellettuale, intrigante e carismatico, un poeta, ma anche regista. Pierpaolo Pasolini la contattò per interpretare la sua Medea al cinema.
Lui ammira da sempre Maria, ne subisce il fascino della presenza, la maestosa eleganza impregnata di mito. Lei rimane colpita dalla sensibilità, dalla dolcezza coinvolgente di lui, che ogni giorno, durante le prove, le regala un fiore. Pasolini in quel periodo soffre per l’abbandono di Ninetto Davoli, tutti sanno della storia, Maria però pensa di poterlo “convertire”. Dacia Maraini, che con Alberto Moravia collaborava alla sceneggiatura del film, ci ha raccontato: “Prima di conoscerla credevo fosse una donna forte e volitiva, ma in privato era un’insicura. Sul set si sentiva inadeguata perché non aveva mai fatto cinema. In quel periodo si confidava con me. Si sentiva sola e poco apprezzata, e tendeva a idealizzare gli uomini. Era infantile in questo e quindi predisposta alle delusioni. Devo dire che Pierpaolo era incantato sia dalla sua presenza scenica che dalla voce, ma anche da questa sua innocenza infantile. Le voleva molto bene. Ma da questa ammirazione nacque un equivoco inevitabile nella mente di Maria: credette che Pasolini fosse innamorato al punto di poter avere un vero rapporto con lui, sia spirituale che fisico. Ma non era così, oltre a una sorta di amore platonico non poteva esserci altro. Cercai di farglielo capire, ma invano”.
Dopo la lavorazione del film, Maria e Pierpaolo si allontanarono per motivi di lavoro, sino alla tragica fine di lui. La Callas tornò a vivere a Parigi. Rare le sue esibizioni in pubblico da allora. Ci fu una tournée con Giuseppe Di Stefano, ma fu un insuccesso: la voce di lei era inevitabilmente compromessa. Pensare che una volta, quando saliva sul palco, tutto il resto sembrava scomparire. Seguirono anni di solitudine, di depressione, sino alla morte, a soli 53 anni, nell’appartamento di Rue Mendel nel settembre del 1977. Morte per infarto, decretò il referto medico. Onassis era deceduto due anni prima, e Maria ne aveva sofferto. Più che per infarto, era stata uccisa dal dolore.