Attore brillante e versatile, napoletano di nascita e romano di adozione, Barbato De Stefano ha ricoperto vari ruoli importanti nella compagnia Italiana di Operetta, nella compagnia di Corrado Abbati e nella compagnia di Edoardo Guarnera, riscuotendo un grande successo. Per la televisione ha preso parte a diverse fiction, tra cui Incantesimo, Provaci ancora Prof e La nuova squadra e Don Matteo 7. Ha collaborato come assistente alla regia di Vincenzo Salemme e ha diretto il cortometraggio Sala Buia, da lui scritto e interpretato, che il 30 novembre 2008 ha vinto il premio regia al Pistoia Corto Film Festival. Nel 2011 riceve un altro riconoscimento, lo Special Award al Roma Videoclip per la regia del video Napoli Vincente. Da qualche anno Barbato si dedica con tenacia, impegno e passione allo sport, collezionando premi e vittorie. Lo abbiamo incontrato qualche giorno dopo la festa di inaugurazione della sede romana dell’Associazione AmaLia, di cui è presidente e fondatore, che ha visto la partecipazione di molti artisti, atleti e docenti. Barbato ha ricostruito un teatro all’aperto, in una suggestiva terrazza romana, dove esibirsi al calar del sole. La serata inaugurale ha visto alternarsi sul palco le attrici Maria Monsè e Sharon Alessandri, gli attori Enzo Garramone e Carlo Cinque, i cantanti Luciano Andreutti, Bibiana Carusi, Luigi Cicchetti, Tony De Stefano e Gaetano Scalone, il chitarrista Cristian Nevola, i ballerini di pizzica Natascia Blasi e Marco Conti.
Si è svolta da poco la festa di inaugurazione dell’Associazione AmaLia, di cui sei presidente. Come nasce l’idea di costituire questa nuova realtà e qual è il messaggio che vorresti trasmettere?
Il messaggio è l’amore sconfinato che vorrei iniettare all’umanità. L’idea nasce dal desiderio di trasmettere ottimismo anche nel dramma di una malattia, dolore che ho vissuto in prima persona a seguito alla perdita di mia moglie, avvenuta nel maggio 2021. Lia era bella nell’anima, e vorrei continuare a farla vivere con gesti che possano aiutare il prossimo, una bellezza che aveva anche mia mamma, Amalia: le mie due protettrici, che mi hanno salvato e continuano a salvarmi.
L’Associazione realizzerà eventi culturali e sportivi, si occuperà di prevenzione oncologica, donazione di organi e volontariato. Curare il corpo ma anche l’anima: è questo il suo obiettivo?
Sì, la cura parte dalla lettura che ognuno ha della propria spiritualità, se ci guardiamo bene dentro, proteggendoci dal materialismo dilagante della nostra società, possiamo toccare punte di bellezza e di purezza che si manifestano anche nei piccoli gesti quotidiani.
Hai voluto realizzare un’ambientazione molto particolare: una cornice naturale che possa accompagnare le varie esibizioni. Qual è l’atmosfera che vorresti si respirasse?
Già dai primi minuti dall’inaugurazione, gli ospiti si sono sentiti a proprio agio e al termine della serata ho avuto la sensazione che gli invitati avessero fuso le proprie anime. L’idea è quella di creare performance all’imbrunire, il pubblico viene immerso in un unico respiro di sole, la cornice del tramonto, che fa da sfondo agli artisti che si esibiscono. Il dolore che tutti gli esseri umani attraversano può lacerare il nostro percorso terreno, ma contemporaneamente trasformarlo in un percorso formativo e unico, non perdendo di vista la bella missione che noi esseri umani abbiamo, quella di trasmettere gioia al mondo, a prescindere.
Giuseppe Tornatore ha detto: “L’arte e la cultura rimandano ad un concetto di bellezza che serve a fornire all’uomo strumenti migliori per la convivenza sociale e civile”. Guardando al momento attuale, tra guerre e pandemie, qual è la tua riflessione al riguardo? La bellezza ci salverà?
Io credo che la poesia che abita nell’odore dei fiori possa salvare e dare il giusto profumo agli esseri umani, c’è chi emana un profumo incantevole e chi non ha questa fortuna. È vero che la bellezza ci salverà, ma non la bellezza costruita esteticamente, ma la purezza della bellezza interiore che ci fa assaporare l’arte al massimo e godere della fortuna di veicolare il nostro essere, con la poesia, con l’arte, con l’anima e con il suo mezzo principale: i nostri occhi.
La tua Associazione si occuperà anche di sport. So che da due anni ti sei avvicinato all’atletica con risultati incredibili: recentemente ai Campionati Italiani Master di Atletica Leggera ti sei aggiudicato, con la staffetta, un oro e due argenti. Cosa ti ha spinto ad avvicinarti allo sport e quali sono le tre qualità più importanti per uno sportivo?
Ho sempre giocato a calcio con la nazionale attori, poi 4 anni fa, quando scoprimmo l’adenocarcinoma ai polmoni di Lia, ci fu un boato inascoltato nel mio essere nel vedere Lia non perdere l’entusiasmo e l’amore per la vita. Dopo qualche mese provai ad entrare in pista allo stadio di Caracalla di Roma, iscrivendomi con la società Roma Atletica. Tornavo a casa e Lia mi vedeva sempre sorridente, trasmettevo la mia solarità, nonostante le sue continue terapie e i numerosi consulti fatti in giro per l’Italia, compresi quindi che questo sport poteva darmi qualcosa in più rispetto al calcio e aiutarmi a superare il dramma che stavamo vivendo. Stare accanto ai guerrieri non è semplice, perché ti senti inerme, e allora mi sono concentrato sull’ottimismo: piangevo in solitudine, ma lei mi ha sempre visto sorridere, sempre. Grazie all’arte e all’atletica abbiamo pianto poco e abbiamo riso tanto, non so come sia potuto accadere, però è accaduto, ci siamo protetti dall’ignoranza, dalle frivolezze e dalla superficialità. Il titolo italiano nella staffetta 4×100 è il frutto della mia testardaggine e del mio cuore martoriato, dopo la dipartita di Lia mi sono concentrato su ciò che conta veramente e sulle persone che meritano di stare al mio fianco. Le tre qualità che deve avere uno sportivo sono legate ad un’alimentazione sana, non deve toccare le droghe neanche per curiosità, ma ogni tanto può concedersi di bere un bicchiere di vino rosso o bianco.
Hai dei miti sportivi di riferimento?
Diego, Mennea, Jacobs.
Sei solito fare dei riti scaramantici prima di affrontare una gara?
Sì, quando sono ai blocchi, bacio la maglietta con il logo dell’Associazione AmaLia, poi attendo con ansia che il giudice ci faccia accomodare alla partenza, al pronti, parlo da solo, dicendo “Lia questo è per te”, e, poco prima dello sparo, sprigiono la furia e la belva che sono in me. Durante la gara ho sempre il sorriso stampato sul volto, correndo mi sento abbracciato dalle ali dei miei due angeli, mia madre e mia moglie, e una volta raggiunto il traguardo finisce l’incantesimo. La corsa è come l’immedesimazione che si vive nel teatro e nel cinema, non c’è nessuna differenza, diventi sempre qualcun altro, sia in pista, che sul set e sul palco. Nella preparazione sono molto severo con me stesso, solo così si migliora.
Un tempo sarebbe stato impensabile che persone disabili potessero accedere alle attività sportive, oggi per fortuna il vento è cambiato, come dimostrano le Paralimpiadi. Quanto può essere importante lo sport come attività inclusiva e quanto come ristoro dell’anima?
Hai toccato un tasto che ha cambiato il mio approccio alla vita. Ho un amico d’infanzia, Giovanni, affetto da distrofia muscolare, a cui ho dedicato la mia opera prima “Sala Buia“. Giovanni giocava a calcio con me e correvamo insieme in bicicletta, nei vicoletti del mio paese a Cicciano (NA), poi col tempo vedevo che rallentava i suoi movimenti, fino a sedersi su una sedia a rotelle. Questa esperienza mi ha segnato e cambiato profondamente. A volte con Giovanni ci alleniamo assieme facendo le partenze in salita sulla collina della Madonna degli Angeli, con la sua super carrozzina elettrica mi batte sempre, un mito! Non si è mai fermato, con la sua spiritualità e la sua intelligenza ha raggiunto dei picchi di bellezza che lo portano al di là della sua immobilità fisica. Praticare sport è per me un ristoro, perché all’interno c’è la consapevolezza che sono fortunato a camminare, vedere, sentire, emozionarmi, e a raggiungere gli obiettivi prefissati in ogni ambito. Questa carica emotiva è un passepartout che mi permette di entrare in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento da vincente, perché vivere è già una vittoria.
Ti occupi anche di insegnamento. In molti paesi europei è la scuola che si fa carico delle spese dedicate allo sport, in Italia non è sempre così. Cosa ne pensi?
Credo che tutte le attività sportive, culturali, mediche, e via dicendo, non debbano subire tagli nei fondi. La parola taglio è tremenda perché vuol dire privare la società di un servizio in un qualsiasi ambito, e se privi una società di un diritto vuol dire che stai troncando drasticamente la sua vita. Diffido sempre dei tagli perché tolgono, e quasi sempre tolgono alle classi più deboli, è una cosa talmente semplice da comprendere che mi fa rabbia quando non si percepisce e si entra a gamba tesa in alcuni spaccati umani, che avrebbero bisogno di sostegno e non di tagli.
Quanto sono importanti l’arte e lo sport per i più giovani?
L’arte e lo sport dovrebbero essere i pilastri della nostra società, solo così possiamo competere ed evolverci mentalmente e fisicamente. Le strutture dove allenarsi sono importanti, e anche la manutenzione e la buona cura da parte di tutti. Lo stesso vale anche per i teatri, luoghi di cultura, di incontri, di scambi di idee. Oggi i teatri chiudono per dare spazio a parcheggi, a sale scommesse, comprendete che c’è qualcosa che non va. Io sono soddisfatto perché ho inaugurato uno spazio teatrale all’aperto che si occupa di volontariato, e per me è il massimo, partendo dagli inferi, ho realizzato un piccolo angolo di paradiso.
Chiudiamo questa piacevole intervista con un ricordo tra i più belli che ti riguarda, magari una gara o un incontro particolare…
Ti svelo una cosa, tutti gli incontri che ho avuto fino ad adesso, sia positivi che negativi, mi hanno insegnato tanto, perché mi faccio trasportare dalle fatalità, e tutto diventa crescita. Ho molti momenti belli con Lia: quando è venuta ad ammirarmi sia in pista e che in palcoscenico, tifava e tifa ancora per me, mi adorava, e guai a chi mi toccava. Nella malattia ci siamo fusi in unico respiro, io sto respirando anche per lei, e vi assicuro che è una magia. Nell’arte, se devo segnalare un incontro che mi ha dato tanta carica, è stato quello con il maestro Vincenzo Salemme, il primo che vedendomi lavorare al Teatro dell’Opera di Roma mi propose di fare il suo assistente nello spettacolo Bello di papà nel 2008, da allora siamo rimasti in contatto, sono affascinato dal suo modo di affrontare gli spettacoli, credo di aver ereditato da lui l’entusiasmo di creare e di essere felici quando si sta sul palco, perché è un privilegio stare sotto i riflettori, siamo circondati da Luce.
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