“Sono le piccole realtà come la nostra, attente alla qualità, a rappresentare meglio il territorio”.
La Cantina Cardone è un’azienda tramandata di generazione in generazione, nei Castelli Romani, in una zona di produzione vitivinicola tra le più rinomate in Italia, che sorge a nuovo spirito agli inizi degli anni Novanta, quando vengono reimpiantati tutti i vigneti e si ristruttura la cantina con l’intento di produrre vino di qualità applicando il metodo biologico. Si parte dalla vendita del vino sfuso e, dopo non molto tempo, si aggiunge anche l’imbottigliamento. Impegnata fin da subito nella valorizzazione del territorio, la Cantina Cardone è stata tra i soci fondatori della “Strada dei Vini dei Castelli Romani”. Convinta divulgatrice della cultura del biologico, in qualità di azienda pioniera del settore, Francesca Cardone promuove biologico e certezza di filiera con la vendita a Chilometro Zero. In uno scenario vitivinicolo territoriale diverso dal passato si stanno ora muovendo i primi passi anche verso le vendite fuori regione e all’estero, con l’intento e l’orgoglio di far conoscere i sapori del luogo.
Come è nata l’idea di una produzione totalmente biologica?
Alla fine degli anni Ottanta mio marito Pierluigi, allora giovane agronomo, ebbe l’intuizione che quella del biologico sarebbe stata la strada giusta da seguire. Un’idea nata dalla convinzione che si potesse fare qualcosa contro il sistema in auge, contro l’uso dei pesticidi nelle campagne e le relative conseguenze, contro il consumismo e i prodotti di massa. Abbiamo sentito forte in noi la responsabilità di tutelare l’ambiente, la salute dei consumatori e non ultimo la salute degli operatori agricoli per un futuro migliore. L’ idea che abbiamo avuto da giovani non ci ha mai abbandonato.
Tra i paesi europei, l’Italia è favorita per una quantità di vitigni diversificati, superiore anche a quella francese. Quali sono le caratteristiche dei vostri vitigni?
Abbiamo scelto di vinificare solo vitigni autoctoni, perché li riteniamo facenti parte di un patrimonio da salvaguardare contro l’omologazione dei gusti e delle varietà. Una biodiversità che spetta tutelare proprio a chi, come noi, ama la terra che coltiva. Direi che nel nostro territorio la Malvasia del Lazio sia la regina dei vitigni. La sua aromaticità è conosciuta e apprezzata e contraddistingue in maniera univoca i vini bianchi dei Castelli Romani. Questo vitigno è in perfetta sintonia con i nostri terreni vulcanici e con il clima particolarmente favorevole del Centro Italia. Non da ultimo il Cesanese, vitigno coltivato in queste zone laziali, fin dall’antichità, con grande favore e riuscita. Dà vini dal gusto e caratteristiche spiccati, propri di questa area geografica.
Rispetto al passato, avete notato se il pubblico manifesti un interesse maggiore per prodotti come anche il vino, che rispettino un concetto di ecosostenibilità?
Oggi la parola sostenibilità dà ai prodotti una marcia in più. È un concetto che ha iniziato a diffondersi largamente anche a seguito di una maggiore consapevolezza dei cambiamenti climatici e che viene sostenuto particolarmente dai giovani, dalle famiglie e dalla fascia di popolazione ad istruzione medio-alta. Bene accettati sono sempre stati alcuni prodotti biologici, come ad esempio le verdure o i legumi. Per il vino la strada è stata difficile. Oggi troviamo consumatori disposti ad assaggiare il nostro vino biologico, vincendo i preconcetti che lo volevano come prodotto di serie B rispetto al tradizionale, e ne rimangono piacevolmente sorpresi. Chi si avvicina al mondo del biologico difficilmente lo abbandona perché sente di fare un buon acquisto per se stesso e anche di fare qualcosa di “buono” che va a dimostrare il proprio impegno per la salvaguardia del pianeta.
Tra i vostri clienti, qual è la percentuale di italiani, e quale di stranieri?
Finora ci siamo occupati soltanto delle vendite a livello regionale, facilitati anche dalla vicinanza con la capitale. Pertanto la nostra clientela è prettamente italiana. In passato, comunque, una piccolissima parte della nostra produzione è andata all’estero, verso quei Paesi più attenti alla salubrità dei prodotti, come lo è il nostro.
La vostra è una produzione limitata, di tipo artigianale, o predisposta anche per l’esportazione?
Abbiamo sempre venduto a Chilometro Zero, in particolare su Roma. Attualmente, in occasione del lancio del nostro nuovo sito web, vorremmo tentare anche l’esportazione, invogliati dalla richiesta dall’estero di prodotti che hanno i nostri requisiti. È una scommessa la nostra. Quando si è una piccola realtà lavorativa artigianale tutto è più complicato e oneroso. Siamo solo alla vigilia di questo viaggio, staremo a vedere.
Un’azienda come la vostra, può essere considerata un valore aggiunto per il territorio?
Credo di sì. Il nostro è un piccolo paesino dei Castelli Romani, Colonna, dove la cultura del vino è sempre stata forte e va portata avanti. Sono proprio le piccole realtà come la nostra, piuttosto che le grandi aziende, a rappresentare meglio lo scenario del territorio. Passione e legami che non si improvvisano. Mestieri e riti della campagna e soprattutto vigneti ereditati, che hanno fatto da sfondo alla vita dei nostri antenati e cittadini facenti parte di una comunità con un’identità ben precisa da non perdere e da custodire.
Quali sono i vostri vini più richiesti?
La linea dei Platea è la linea di prodotto più venduta perché di facile consumo. Il Platea Zero, senza aggiunta di solfiti, è molto apprezzato per le sue caratteristiche e unicità.
Consigli per l’abbinamento con i cibi?
Possiamo dire che i nostri vini seguono perfettamente gli abbinamenti regionali come quelli più classici. Il Platea bianco spazia, accostandosi ai cibi dall’aperitivo al dolcetto di fine pasto; il rosso troneggia sulla tavola con i cibi che più si trovano nei piatti degli italiani. In particolare il Platea rosso si sposa bene con i sughi espressi, come ad esempio l’Amatriciana e con le carni saporite, come l’abbacchio. Il Labicum rosso è il vino che vedo bene nel grande calice, da bere accompagnando carni a lunga cottura, o anche solo per farci compagnia nei pomeriggi di relax.
Organizzate visite guidate all’interno dell’azienda, per chi voglia saperne di più sulle fasi di produzione?
In attesa che migliori la situazione legata alla pandemia, ci limitiamo ad effettuare normale accoglienza per quel che riguarda la vendita diretta. Ogni paio di anni, a fine settembre, siamo soliti dare ingresso in azienda con un evento speciale per noi chiamato Vendemmia Amica. Chi vi partecipa è trattato come un caro amico ed è così che si sente. Tutti possono simbolicamente dare una mano a preparare l’accoglienza del buffet in campagna e l’assaggio dei vini in cantina, seguendo le fasi della vendemmia e le lavorazioni delle uve. È un evento seguito con molto interesse, dove gli ospiti si sentono accolti come se fossero parte della famiglia. Una piccola grande cosa, come la nostra realtà.