“El matt”, il matto, come era stato soprannominato da adulto Antonio Ligabue, uno tra i più grandi pittori espressionisti del 900, nasce a Zurigo il 18 Dicembre del 1899, da una giovane contadina, Elisabetta Costa, e Bonfiglio Laccabue, contadino emigrato in Svizzera proveniente dal comune di Gualtieri. La madre sarebbe tragicamente morta per avvelenamento alimentare, e Antonio, allora un bambino, in odio al padre che riteneva colpevole di quella tragedia decide di cambiare il suo cognome in Ligabue. Antonio viene affidato a una coppia di svizzeri, purtroppo però la famiglia affidataria versa in condizioni economiche disastrose, e il bambino cresce malnutrito e rachitico, a questo pare si debba il suo aspetto sgradevole che lo avrebbe caratterizzato da adulto. Data l’infanzia difficile, Antonio non è portato a socializzare con i coetanei, cresce appartato e insofferente a qualunque disciplina, scolastica o familiare. Non sopporta le regole, e alla compagnia degli umani, preferisce quella degli animali.
Per la sua indisciplina e scontrosità gli insegnanti lo fanno trasferire in un istituto per ragazzi con problemi psichici, ma anche lì sarà giudicato inadatto e asociale oltre che immorale, per la sua abitudine a bestemmiare. Impara comunque a leggere, e gli unici momenti di apparente serenità gli vengono dal disegnare. Ogni volta che disegna, riesce a calmarsi persino dalle frequenti crisi di nervi. Ma la sua indomabile indisciplina fa si che venga espulso anche da questo istituto e persino dalla Svizzera. Sono i carabinieri a condurlo a Chiasso, dove cerca di fuggire e tornare indietro, spaventato come un animale braccato, e indifeso anche per il fatto di non conoscere bene la lingua italiana. E’ il 1922. Il suo tentativo di fuga fallisce e i carabinieri lo riportano a Chiasso dove viene accolto nel ricovero dei poveri del posto. Per aiutarlo a sopravvivere gli viene proposto un lavoro come manovale scarriolante edilizio nei pressi degli argini del Po, nei pressi di Gualtieri. E’ un periodo duro, ma è anche il periodo in cui comincia, quasi fosse uno sfogo, a dedicarsi alla pittura con tutti i mezzi che riesce a recuperare. Nei suoi dipinti vive un’altra vita, sfugge a una realtà squallida e opprimente, è un mondo fantastico quello che rappresenta, seppur con richiami alla durezza di una realtà matrigna. E grazie alla sua arte, i problemi fisici e psichici da cui era afflitto anziché essere un handicap si riveleranno un arricchimento, e la sua diversità sarà un dono per la collettività. E’ in quegli anni che conosce quasi per caso lo scultore e pittore romagnolo Renato Martino Mazzacurati. L’artista fiuta subito la stoffa del genio in quello sgraziato e scontroso ragazzo, e decide di aiutarlo, fornendogli materiali e colori per dipingere, insegnandogli la tecnica che da autodidatta non aveva potuto apprendere. Sempre Mazzacurati, parla di Ligabue agli artisti Scipione e Mafai, membri della famosa scuola romana, perché aiutino il giovane artista a farsi conoscere attraverso collettive e esposizioni personali. E’ a guerra finita però che la critica comincia ad accorgersi del pittore, descritto come la perfetta incarnazione del “poeta contadino”, istintivo e autodidatta. Protagonisti dei suoi lavori soprattutto gli amati animali, dei quali Ligabue diceva: “Solo io so come sono fatti dentro”. Dai cavalli ai buoi a lavoro nei campi, agli animali selvaggi come le tigri e i leoni con le fauci spalancate, ai serpenti che lottano con le aquile per la sopravvivenza, con lo sfondo di una giungla immaginaria e immaginata con un’allucinata fantasia per chi aveva conosciuto solo i boschi del Po. La sua era una pittura dal tratto forte e violento, con colori accesi, un tratto grossolano. I suoi autoritratti poi, ricordano quelli sofferti di un altro grande disadattato: Van Gogh, che comunque Ligabue da autodidatta non aveva mai conosciuto. Morte e vita pulsano nei suoi quadri. La sua pittura si evolve negli anni: dal primitivismo naif della prima fase, dove le sue opere sono pregne di richiami infantili e nostalgici, passa dal 1939 a un’esplosione espressionista che si avvale di colori caldi e violenti, adatti a rappresentare il dramma della sua esistenza. Negli anni che precedono questa svolta, in particolare nel 1937, cade vittima di una forte crisi depressiva che gli comporta un ricovero in manicomio a Reggio Emilia. Ne esce quattro anni dopo grazie all’intervento dello scultore Andrea Mozzelli, che lo accoglie a casa sua a Guastalla. Con l’invasione delle truppe tedesche, cerca di rendersi utile facendo da interprete, ma nel 1945 viene di nuovo ricoverato in manicomio per aver colpito un soldato tedesco durante una lite. Qui resterà internato per altri tre anni. Uscito dal manicomio riprende a dipingere con maggiore intensità, e nel 1955 allestisce la prima personale a Gonzaga. Nel 1957 partecipa ad un servizio fotografico per Il Resto del Carlino, che gli avrebbe procurato una grande visibilità presso un pubblico più vasto. Subito dopo riesce a ottenere una personale presso la famosa Barcaccia di Roma, tanto desiderata. Poco dopo il successo romano però rimane vittima di un incidente di moto. A seguito di questo avrebbe avuto un’emiparesi che ne avrebbe condizionato la salute sia fisica che mentale. Dopo essere stato battezzato per sua richiesta in un momento di lucidità, il 27 maggio del 1965 “El matt” muore. La quadriennale di Roma gli avrebbe dedicato subito dopo un’ampia retrospettiva.
“Volevo nascondermi” è il titolo del film di Giorgio Diritti, che omaggia il grande pittore. Nel film il racconto parte dall’infanzia problematica, dalla continua ricerca di attenzione e affetto, racconta una vita alla ricerca di un riscatto che Antonio avrebbe trovato solo nella pittura. Un genio autodidatta, che attraverso i suoi quadri ha raccontato la sua lotta quotidiana per non soccombere alla sofferenza. Elio Germano protagonista del film, sa far suo il dolore, il tormento e il genio di questo artista, con una magistrale interpretazione che gli è valsa l’assegnazione del premio come migliore attore allo scorso Festival del Cinema di Berlino. Si era prospettato un grande successo di pubblico per il film, dopo le entusiastiche accoglienze della critica. L’emergenza Coronavirus purtroppo, ne ha interrotto per il momento la programmazione.
Elio Germano in “Volevo Nascondermi”