In occasione della presentazione della ricerca “Five foods that are killing the planet”, ovvero i cinque alimenti che stanno uccidendo il pianeta, il professor Avital Andrews di Sierra Club, la più grande associazione ambientalista americana, ha provocatoriamente ammonito i lettori: “Smettete subito di leggere se non potete vivere senza hamburger, dolci confezionati, caffè o sushi”.
Il primo alimento che si consiglia di evitare è il tonno rosso. “La gente dovrebbe smettere di mangiare tonno rosso – afferma in proposito il critico gastronomico, vincitore del Premio Pulitzer, Jonathan Gold, coinvolto nella ricerca – per molti sarà difficile perché il tonno rosso è un cibo gustoso, ma se non smettiamo di mangiarli adesso, smetteremo comunque tra pochi anni, perché i tonni non ci saranno più”. Il critico, che è tra l’altro fondatore del Blue Ocean Institute, aggiunge in proposito: “Le popolazioni di tonno rosso non reggono alla pesante pressione della pesca che non tiene conto dei ritmi di riproduzione. Inoltre, non è da sottovalutare il fatto che i grandi pesci sono ricchi di mercurio”. Sierra Club suggerisce agli appassionati di sushi di non contribuire all’esaurimento degli stock di tonno rosso, e di accontentarsi di mangiare del sushi…vegetariano.
Al secondo posto della lista degli alimenti con il maggior impatto ambientale c’è il caffè tradizionale. Stephen Madigosky, docente di Scienze Ambientali della Widener University, sottolinea che intere foreste ricche di biodiversità vengono distrutte a favore di coltivazioni intensive di caffè, annientando specie di animali tropicali, oltre agli uccelli migratori, che si ritrovano senza punti di riferimento e approvvigionamento di cibo durante il loro percorso. L’impatto sull’ambiente in questo caso è anche determinato dal trasporto dei chicchi dai paesi di produzione alle torrefazioni italiane. Se tutta la filiera industriale non segue le regole del rispetto ambientale il danno raddoppia.
Al terzo posto ci sono gli hamburger. Logan Strenchock, Sustainability Officer della Central European University, non ha dubbi in proposito: “Gli hamburger economici sono tra i peggiori killer ambientali. Nutrire le mucche per trasformarle in fabbriche di carne, spesso significa abbattere delle foreste intere per sostituirle con campi di mais e soia geneticamente modificati, che necessitano di pesticidi che inquinano l’acqua e il suolo. Anche lo sversamento di liquami provenienti dagli allevamenti, avvelena i territori circostanti. La carne ottenuta, macellata e trattata, deve essere poi mantenuta al freddo, il che determina il consumo di enormi quantità di energia”.
Il mais geneticamente modificato, diffuso sia negli Stati Uniti che in gran parte del Nord Europa, è al quarto posto della classifica, e Douglas Fox, docente di Agricoltura Sostenibile all’Unity College, spiega come questo violi i limiti della sostenibilità, distruggendo habitat, spezzando i cicli dei nutrienti, impoverendo i terreni, inquinando acqua e aria, contaminando le varietà di mais autoctone, e così via. Inoltre le monocolture mettono la popolazione delle api a rischio estinzione, con serie conseguenze sull’impollinazione naturale e il ciclo riproduttivo delle piante. Basandosi le monocolture e gli allevamenti intensivi sull’utilizzo di Ogm, si continuerà a ridurre drasticamente la biodiversità e a portare in un prossimo futuro frutta e verdura tradizionali addirittura all’estinzione.
Quinto ma non ultimo tra gli alimenti incriminati, l’olio di palma: una delle maggiori cause della distruzione della foresta pluviale. Secondo l’associazione Ran, Rainforest Action Network Usa, negli ultimi 10 anni l’utilizzo dell’olio di palma è aumentato del 500%, ed è presente in circa la metà di tutti gli alimenti confezionati. Quest’olio può essere prodotto solo nelle zone tropicali, così enormi distese di foresta pluviale vergine, in Indonesia e Malaysia, vengono costantemente distrutte per piantare nuove palme. Questo determina anche l’estinzione di varie specie animali che si vedono ridurre l’habitat, come l’orango. Le emissioni di CO2 legate alla deforestazione, che provengono dall’espansione delle piantagioni di palma in Indonesia, superano la quantità di inquinamento provocato da tutte le automobili, camion, aerei e navi degli Stati Uniti. Le piantagioni di olio di palma sono una delle cause dei cambiamenti climatici, proprio per la deforestazione che comportano. Per limitare i danni provocati da questa coltura, l’associazione Sierra Club consiglia a tutti di leggere attentamente gli ingredienti sui prodotti confezionati, in particolare biscotti, cracker, merendine, precotti. Anche acquistare il cibo con responsabilità, facendo più attenzione a queste cose, può essere un contributo per difendere il pianeta in cui viviamo.